martedì 21 novembre 2006

Muhammad XVI


Neanche lui era presente alla morte del predecessore per ascendere il trono. Infatti si trovava al momento in Prussia, facendo pratica militare come molti nobili rampolli dell'epoca nello staff di Thomas von Lipstendorf, nella Seconda Guerra Baltica (o guerra Russo-Prussiana). Al momento di mandare qualcuno a richiamarlo, però, il conte di Lipstendorf stava affrontando l'assedio a Marienburg dei Russi, pertanto non era possibile avvisarlo. La corona allora fu momentaneamente offerta al cugino Jamal, ma questi rifiutò, lasciando tutto al primo ministro Mahoma Cazerén. Successivamente, si tentò anche di chiedere il lasciapassare per Muhammad tramite l'Imperatore, che si era dissociato dalla guerra, ma non si riuscì neanche in quel modo. Alla fine, nell'inverno del 1606 l'imperatore Sigismund II ruppe gli indugi e attaccò l'ex alleato, liberando personalmente Marienburg, che con Königsberg rimaneva l'ultima città in mano prussiana, continuando poi nella fase di riscossa prussiana (nel 1607 la Curlandia fu presa e annessa alla Prussia, che dovette però rientrare nell'Impero, congiungendo così i territori alla foce del Neva). Dopo la liberazione, lo stesso duca, ignaro della morte a meridione e in merito al coraggio di Muhammad nell'assedio, gli affidò il comando di un reggimento di cavalleria, che partì di gran carriera assieme all'esercito alleato per partecipare alla battaglia di Lötzen. In questa battaglia fu ustionato al volto da un archibugio, causando la perdita dei peli sulla parte destra del volto; fu il primo nasride ad apparire senza barba o baffi, da sempre tradizione famigliare. Fatto sta che gli arrivò notizia solo dopo quasi un anno dalla morte dello zio.

L'alleanza con il Sultano e le prime guerre
Poco dopo l'incoronazione, pretese che ogni governatore e sovrano vassallo si recasse da lui per giurargli fedeltà, divenendo una lunga tradizione.
Muhammad era il figlio più grande del padre e di una Adyghe convertitasi anch'ella al cristianesimo. Dopo il divorzio, tornò con la madre prima a Granada, poi a Istanbul, che conosceva bene e lì passò l'adolescenza. Morta la madre, si trasferì dallo zio regnante. Avendo passato così tanti anni a Istanbul, s'era convertito all'islam ed era diventato un grande ammiratore degli Ottomani.
Nel 1608 venne firmata l'alleanza tra i due giganti dell'Umma, che ebbe subito valenza nella guerra contro gli Ziyanidi. La guerra scoppiò quando arrivò da parte francese la liberazione della Sardegna come protettorato. L'emiro allora pensò di potersi impadronire dell'isola partendo dalla Corsica, approfittando di alcuni problemi nelle investiture, invadendo Piemonte e Provenza, che era in uno stato di semi-anarchia e quindi far sbarcare un altro esercito in Sardegna. Ma dispiegando velocemente gli uomini che dovevano tornare in Francia dopo il periodo nella guarnigione isolana, Alphonse principe di Rodrieux, sconfisse prima ad Avignone e poi a Bastia, arrivando alla pace e ottenendo la Provenza. Con l'incontro a Tunisi, Muhamamd e Ahmed I decisero di dichiarare guerra agli Arabo-italiani, che al momento si avvicinavano alla battaglia di Pavone.
Gli Ottomani conquistarono con qualche difficoltà la Cirenaica e Muhammad in persona comandò l'attacco anfibio ad Ajaccio, unica roccaforte dell'isola. Nel 1609 fu siglata la tregua, ma durò poco per l'ultimo emiro, Ludali (forma corrotta di Ludovico): un mese dopo il suo ritorno dal Piemonte, la Repubblica di Venezia passò alle ostilità. Risoluto a mantenere almeno Milano, che i suoi avi avevano conquistato con tanta fatica, rifiutò di sottomettersi. A Gavirate, con un'armata raccogliticcia inflisse una sonora sconfitta al piccolo esercito dogale, ma questi tornò con diecimila uomini. Si dovette ritirare a Milano, ma le potenti mura fatte costruire dal bisnonno resistettero bene all'artiglieria veneta e per mezzo di molti fortini rimasero aperti fino a quasi la fine i canali di approvigionamento tra Lecco e sul Naviglio Grande. Dopo due anni di blando assedio, l'Impero Ottomano si accordò per tenere solo Corfu tra le isole ioniche e così altri soldati poterono essere spostati in Lombardia, tagliando le vie di rifornimento nemiche. Il 24 luglio 1611, durante il terzo dei previsti cinque bombardamenti notturni prima dell'assalto alla città, Ludali sortì con la sua guardia personale e puntò dritto alla sede di comando nemica. Fu ovviamente fermato ben prima e ucciso combattendo assieme a tutti i suoi compagni d'arme. Morto lui, il generale Federigo Lombroso parlamentò con il comitato dei nobili e l'ex moglie dell'emiro, promettendo di non toccare oltre la città in cambio della sua resa. Ad agosto, il vessillo di S. Marco garriva su Milano.
L'anno dopo, Muhammad lasciò di nuovo Granada per entrare in azione: gran soldato e buon diplomatico, sapeva di essere negato per l'amministrazione, ma anche come riconoscere i migliori burocrati per sopperire alla sua deficienza. Il problema era in Africa: i Malinké erano in fermento poiché la guarnigione di Kangaba aveva requisito ogni scorta alimentare, nonostante la stagione che non prometteva un gran raccolto, si temeva che il Benin potesse fomentare una rivolta. Essendo il governatore, suo vicario, morto senza aver trovato un sostituto, dovette scendere personalmente. Arrivato, non potè far altro che far condividere le scorte e sperare nella pioggia. Che arrivò. Come un miracolo, dopo quasi un anno di siccità, arrivò la pioggia in tutta la regione, mentre Muhammad era lì presente, permettendo la crescita delle piante. Per sugellare quell'avvenimento, prese come moglie la figlia di un modesto funzionario Malinké, conosciuta col nome arabo di Sabah; fece scalpore, ma con quel gesto iniziò la campagna per la popolarità fuori dall'Europa.
Con Sabah ebbe Othman, il primo pargolo reale dal sangue non completamente iberico e ciò destò scandalo, ma Muhammad non ci badò, continuando per le sue vie. Fino al 1615 girò per la penisola, Francia e Italia, mischiandosi alla folla, partecipando a feste popolari, parlando in pubblico, mostrandosi ai suoi sudditi. Inoltre prendeva parte a tutte le cerimonie religiose che incontrava e non accadde mai che un sacerdote avesse qualcosa da ridire.
Nel 1615, aumentando gli screzi confinari tra coloni granatini e svedesi nella Somalia, prese di nuovo le redini della situazione e optò per la guerra, onde eliminare la minaccia. Consegnate le redini a Cazerén, mise a capo della flotta da guerra di stanza a El Ferrol il genovese Armando Onori e gli ordinò di dirigersi a Stavanger per bloccare le navi svedesi a due mesi dalla sua partenza. Dopo ciò, partì per Landskrona, passando per il Sinai. Non potendo iniziare le operazioni fino all'inizio dell'inverno, tuttavia, non ci fu la corrispondenza tra l'attacco navale, che aprì le ostilità, con la marcia contro la colonia svedese. Tuttavia, approfittò del periodo d'inattività per addestrare i poco volenterosi Somali e far arrivare qualche centinaio di mercenari bengalesi. La flotta nel frattempo vinse un primo scontro a Kragerø, obbligando gli avversari a ritirarsi a Kristiansand, favoriti dal maltempo. A ottobre, iniziando la stagione somala di day, Muhammad partì con 100 cavalleggeri, 600 coloni (la maggior parte Portrumil), altri 600 mercenari e poco più di 1000 ausiliari somali; al momento, a Vasaborg non era ancora giunta notizia delle ostilità né dell'arrivo del re nasride in Africa (s'era preoccupato di non dare troppo nell'occhio). Af Bruder non potette far nulla per salvare Fästning Tre Kronor, protetta solo da delle ridotte. Comunque, rallentato dalle piogge, Muhammad non entrò nel län di Vasaborg che venti giorni dopo, dando al governatore tempo di raccogliere le difese.
All'entrata nel territorio ancora svedese, af Bruder poteva opporre un ugual numero di Somali, 900 finlandesi e 85 uomini del gruppo d'incursione che si progettava di far intervenire nelle contese fra coloni prima che scoppiasse la guerra. Mandò quindi i Somali e metà dei finlandesi a combattere una sorta di guerriglia contro i nemici avanzanti, che rallentò la marcia ma non fece grandi danni all'armata. Fu in uno di queste scaramucce che Muhammad inaugurò il suo nuovo aspetto da combattimento: facendosi crescere la barba, rimaneva con la faccia praticamente divisa a metà, che unita all'imponenza e ai lineamenti duri lo aiutavano nello scontro corpo a corpo.
L'ulteriore tempo guadagnato permise agli Svedesi di reclutare alcuni guerrieri del clan di Issa e allearsi con Mogadiscio, il cui re Hasan voleva mettere al sicuro il confine nord. Alla fine af Bruder prese l'iniziativa e richiamò i guerriglieri in una vistosa ritirata, attirando i nemici presso il forte di Burco, buona base per distogliere l'attenzione da Vasaborg. Poco prima che arrivassero le piogge anche lì, i due eserciti praticamente pari si confrontarono di fronte al forte. Lo Svedese contava di mettere i coloni in una formazione serrata di picchieri e archibugieri e tenere i Somali dietro, perché poi si aprissero e attaccassero le ali dopo lo scontro, mentre Muhammad optò per un più semplice ammassamento di fanteria da mischia disposta a cuneo dietro e la cavalleria a destra con lui. Non essendoci artiglieria, gli eserciti si avvicinarono direttamente per le scariche di archibugi.
Il re aveva inoltre ideato una nuova tattica, detta "l'ordine coreografico": arrivati a distanza di tiro, le cinque linee di fanteria s'inginocchiavano tenendo le armi alla massima inclinazione possibile, lasciando che si sparasse, poi si rialzavano e attendevano che i tiratori ricaricassero. La quantità delle armi da fuoco non era alta, ma aveva un impatto morale maggiore delle poche controparti svedesi e dei molti archi somali, che colpivano senza regolarità. Dopo tre scariche, af Bruder ordinò la carica, ma anche lì la preparazione dei nemici ebbe la meglio. Infatti, combattendo anche i Bengalesi e i Somali a fianco degli altri picchieri, la falange svedese cedette per la pressione prima che le truppe leggere avessero il tempo di riversarsi completamente ai suoi lati, prendendo di sorpresa gli stessi nemici, che si aspettavano uno schieramento più profondo. Tuttavia, il capo degli Issa, Maxamed Siyaad, ritrovò presto il contatto con il governatore e unendo i due tronconi dell'esercito riuscirono a circondare tutta la fanteria, richiusasi in un quadrato. Dovendo anticipare il suo intervento, Muhammad partì all'attacco col manipolo montato: i suoi passarono ma lui fu colpito da un colpo di pistola alla testa (si dice da parte dello stesso af Bruder); l'elmo potette deflettere il proiettile grazie alla conformazione, ma fu deformato e il nasride rimase stordito.
La cavalleria non travolse l'obiettivo, ma quando la bandiera dei Vasa fu spezzata, alcuni uomini iniziarono ad arretrare. L'arretramento divenne mano a mano rotta, ma il comandante in seconda, Nesan Calao, preferì non impegnarsi completamente nell'inseguimento fintanto che il re era senza sensi, aspettando solo di poter iniziare l'assedio. Nella notte, buona parte dei Somali al servizio svedese l'abbandonarono con la forza e sfuggirono all'esercito poco lontano, non avendo voglia di morire per nessun invasore dal mare. Il giorno dopo Johan af Bruder decise di parlamentare, consegnando l'intera Somaliland svedese a Granada.
Nel frattempo re Maxamad stava per finire d'allestire la flotta che l'avrebbe fatto sbarcare a Landskrona. Impossibilitato a mandare soldati a sud, dovendo presidiare il territorio e girarlo personalmente per rendersi conto della situazione dopo il passaggio istituzionale, mandò un messaggio al sultano, che al momento era alla Mecca, preparandosi al ritorno dal pellegrinaggio, chiedendo supporto e mettendo a sua disposizione la flotta da trasporto in India. Il sultano accettò e mandò il bey di Medina con un migliaio di milizie beduine sulle navi alleati, a cui affiancò la flotta del Mar Rosso, utilizzata recentemente nella campagna contro la pirateria dell'Oceano (composta da circa 900 dhow, 200 boum e 10 caracche). Il re somalo diede a vedere di non voler attendere i venti favorevoli, perdendo in questo modo la sorpresa e venendo intercettato dall'ammiraglio arabo, che annientò la flotta. Poco dopo il bey sbarcò a Hobyo e mise in fuga il restante corpo di spedizione somalo, prendendo la non fortificata Galcaio.
Al terzo dell'anno Muhammad stimò finito il suo rapporto sulla nuova colonia, prese i Bengalesi e cento Portrumil e andò anch'egli nel Mudug, congiungendosi con gli Arabi. Maxamad si rifugiò a sud e arruolò altri duemila tra Somali e Arabi, marciando di nuovo verso nord, questa volta contando sulla siccità in arrivo per fiaccare gli avversari. Purtroppo per lui, parte della flotta turca e quella granatina imbarcarono gli uomini di Muhammad e dopo un bombardamento iniziale sbarcarono conquistando Mogadiscio con poco spargimento di sangue. Rimasto senza basi vicine, il re tentò di ritirarsi al confine con l'Ogaden, ma a metà strada decise che sarebbe stato inutile. Raggiunse Mogadiscio e offrì il Mudug all'Impero Ottomano e il resto del regione a Granada.

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