martedì 21 novembre 2006

Muhammad XVI


Neanche lui era presente alla morte del predecessore per ascendere il trono. Infatti si trovava al momento in Prussia, facendo pratica militare come molti nobili rampolli dell'epoca nello staff di Thomas von Lipstendorf, nella Seconda Guerra Baltica (o guerra Russo-Prussiana). Al momento di mandare qualcuno a richiamarlo, però, il conte di Lipstendorf stava affrontando l'assedio a Marienburg dei Russi, pertanto non era possibile avvisarlo. La corona allora fu momentaneamente offerta al cugino Jamal, ma questi rifiutò, lasciando tutto al primo ministro Mahoma Cazerén. Successivamente, si tentò anche di chiedere il lasciapassare per Muhammad tramite l'Imperatore, che si era dissociato dalla guerra, ma non si riuscì neanche in quel modo. Alla fine, nell'inverno del 1606 l'imperatore Sigismund II ruppe gli indugi e attaccò l'ex alleato, liberando personalmente Marienburg, che con Königsberg rimaneva l'ultima città in mano prussiana, continuando poi nella fase di riscossa prussiana (nel 1607 la Curlandia fu presa e annessa alla Prussia, che dovette però rientrare nell'Impero, congiungendo così i territori alla foce del Neva). Dopo la liberazione, lo stesso duca, ignaro della morte a meridione e in merito al coraggio di Muhammad nell'assedio, gli affidò il comando di un reggimento di cavalleria, che partì di gran carriera assieme all'esercito alleato per partecipare alla battaglia di Lötzen. In questa battaglia fu ustionato al volto da un archibugio, causando la perdita dei peli sulla parte destra del volto; fu il primo nasride ad apparire senza barba o baffi, da sempre tradizione famigliare. Fatto sta che gli arrivò notizia solo dopo quasi un anno dalla morte dello zio.

L'alleanza con il Sultano e le prime guerre
Poco dopo l'incoronazione, pretese che ogni governatore e sovrano vassallo si recasse da lui per giurargli fedeltà, divenendo una lunga tradizione.
Muhammad era il figlio più grande del padre e di una Adyghe convertitasi anch'ella al cristianesimo. Dopo il divorzio, tornò con la madre prima a Granada, poi a Istanbul, che conosceva bene e lì passò l'adolescenza. Morta la madre, si trasferì dallo zio regnante. Avendo passato così tanti anni a Istanbul, s'era convertito all'islam ed era diventato un grande ammiratore degli Ottomani.
Nel 1608 venne firmata l'alleanza tra i due giganti dell'Umma, che ebbe subito valenza nella guerra contro gli Ziyanidi. La guerra scoppiò quando arrivò da parte francese la liberazione della Sardegna come protettorato. L'emiro allora pensò di potersi impadronire dell'isola partendo dalla Corsica, approfittando di alcuni problemi nelle investiture, invadendo Piemonte e Provenza, che era in uno stato di semi-anarchia e quindi far sbarcare un altro esercito in Sardegna. Ma dispiegando velocemente gli uomini che dovevano tornare in Francia dopo il periodo nella guarnigione isolana, Alphonse principe di Rodrieux, sconfisse prima ad Avignone e poi a Bastia, arrivando alla pace e ottenendo la Provenza. Con l'incontro a Tunisi, Muhamamd e Ahmed I decisero di dichiarare guerra agli Arabo-italiani, che al momento si avvicinavano alla battaglia di Pavone.
Gli Ottomani conquistarono con qualche difficoltà la Cirenaica e Muhammad in persona comandò l'attacco anfibio ad Ajaccio, unica roccaforte dell'isola. Nel 1609 fu siglata la tregua, ma durò poco per l'ultimo emiro, Ludali (forma corrotta di Ludovico): un mese dopo il suo ritorno dal Piemonte, la Repubblica di Venezia passò alle ostilità. Risoluto a mantenere almeno Milano, che i suoi avi avevano conquistato con tanta fatica, rifiutò di sottomettersi. A Gavirate, con un'armata raccogliticcia inflisse una sonora sconfitta al piccolo esercito dogale, ma questi tornò con diecimila uomini. Si dovette ritirare a Milano, ma le potenti mura fatte costruire dal bisnonno resistettero bene all'artiglieria veneta e per mezzo di molti fortini rimasero aperti fino a quasi la fine i canali di approvigionamento tra Lecco e sul Naviglio Grande. Dopo due anni di blando assedio, l'Impero Ottomano si accordò per tenere solo Corfu tra le isole ioniche e così altri soldati poterono essere spostati in Lombardia, tagliando le vie di rifornimento nemiche. Il 24 luglio 1611, durante il terzo dei previsti cinque bombardamenti notturni prima dell'assalto alla città, Ludali sortì con la sua guardia personale e puntò dritto alla sede di comando nemica. Fu ovviamente fermato ben prima e ucciso combattendo assieme a tutti i suoi compagni d'arme. Morto lui, il generale Federigo Lombroso parlamentò con il comitato dei nobili e l'ex moglie dell'emiro, promettendo di non toccare oltre la città in cambio della sua resa. Ad agosto, il vessillo di S. Marco garriva su Milano.
L'anno dopo, Muhammad lasciò di nuovo Granada per entrare in azione: gran soldato e buon diplomatico, sapeva di essere negato per l'amministrazione, ma anche come riconoscere i migliori burocrati per sopperire alla sua deficienza. Il problema era in Africa: i Malinké erano in fermento poiché la guarnigione di Kangaba aveva requisito ogni scorta alimentare, nonostante la stagione che non prometteva un gran raccolto, si temeva che il Benin potesse fomentare una rivolta. Essendo il governatore, suo vicario, morto senza aver trovato un sostituto, dovette scendere personalmente. Arrivato, non potè far altro che far condividere le scorte e sperare nella pioggia. Che arrivò. Come un miracolo, dopo quasi un anno di siccità, arrivò la pioggia in tutta la regione, mentre Muhammad era lì presente, permettendo la crescita delle piante. Per sugellare quell'avvenimento, prese come moglie la figlia di un modesto funzionario Malinké, conosciuta col nome arabo di Sabah; fece scalpore, ma con quel gesto iniziò la campagna per la popolarità fuori dall'Europa.
Con Sabah ebbe Othman, il primo pargolo reale dal sangue non completamente iberico e ciò destò scandalo, ma Muhammad non ci badò, continuando per le sue vie. Fino al 1615 girò per la penisola, Francia e Italia, mischiandosi alla folla, partecipando a feste popolari, parlando in pubblico, mostrandosi ai suoi sudditi. Inoltre prendeva parte a tutte le cerimonie religiose che incontrava e non accadde mai che un sacerdote avesse qualcosa da ridire.
Nel 1615, aumentando gli screzi confinari tra coloni granatini e svedesi nella Somalia, prese di nuovo le redini della situazione e optò per la guerra, onde eliminare la minaccia. Consegnate le redini a Cazerén, mise a capo della flotta da guerra di stanza a El Ferrol il genovese Armando Onori e gli ordinò di dirigersi a Stavanger per bloccare le navi svedesi a due mesi dalla sua partenza. Dopo ciò, partì per Landskrona, passando per il Sinai. Non potendo iniziare le operazioni fino all'inizio dell'inverno, tuttavia, non ci fu la corrispondenza tra l'attacco navale, che aprì le ostilità, con la marcia contro la colonia svedese. Tuttavia, approfittò del periodo d'inattività per addestrare i poco volenterosi Somali e far arrivare qualche centinaio di mercenari bengalesi. La flotta nel frattempo vinse un primo scontro a Kragerø, obbligando gli avversari a ritirarsi a Kristiansand, favoriti dal maltempo. A ottobre, iniziando la stagione somala di day, Muhammad partì con 100 cavalleggeri, 600 coloni (la maggior parte Portrumil), altri 600 mercenari e poco più di 1000 ausiliari somali; al momento, a Vasaborg non era ancora giunta notizia delle ostilità né dell'arrivo del re nasride in Africa (s'era preoccupato di non dare troppo nell'occhio). Af Bruder non potette far nulla per salvare Fästning Tre Kronor, protetta solo da delle ridotte. Comunque, rallentato dalle piogge, Muhammad non entrò nel län di Vasaborg che venti giorni dopo, dando al governatore tempo di raccogliere le difese.
All'entrata nel territorio ancora svedese, af Bruder poteva opporre un ugual numero di Somali, 900 finlandesi e 85 uomini del gruppo d'incursione che si progettava di far intervenire nelle contese fra coloni prima che scoppiasse la guerra. Mandò quindi i Somali e metà dei finlandesi a combattere una sorta di guerriglia contro i nemici avanzanti, che rallentò la marcia ma non fece grandi danni all'armata. Fu in uno di queste scaramucce che Muhammad inaugurò il suo nuovo aspetto da combattimento: facendosi crescere la barba, rimaneva con la faccia praticamente divisa a metà, che unita all'imponenza e ai lineamenti duri lo aiutavano nello scontro corpo a corpo.
L'ulteriore tempo guadagnato permise agli Svedesi di reclutare alcuni guerrieri del clan di Issa e allearsi con Mogadiscio, il cui re Hasan voleva mettere al sicuro il confine nord. Alla fine af Bruder prese l'iniziativa e richiamò i guerriglieri in una vistosa ritirata, attirando i nemici presso il forte di Burco, buona base per distogliere l'attenzione da Vasaborg. Poco prima che arrivassero le piogge anche lì, i due eserciti praticamente pari si confrontarono di fronte al forte. Lo Svedese contava di mettere i coloni in una formazione serrata di picchieri e archibugieri e tenere i Somali dietro, perché poi si aprissero e attaccassero le ali dopo lo scontro, mentre Muhammad optò per un più semplice ammassamento di fanteria da mischia disposta a cuneo dietro e la cavalleria a destra con lui. Non essendoci artiglieria, gli eserciti si avvicinarono direttamente per le scariche di archibugi.
Il re aveva inoltre ideato una nuova tattica, detta "l'ordine coreografico": arrivati a distanza di tiro, le cinque linee di fanteria s'inginocchiavano tenendo le armi alla massima inclinazione possibile, lasciando che si sparasse, poi si rialzavano e attendevano che i tiratori ricaricassero. La quantità delle armi da fuoco non era alta, ma aveva un impatto morale maggiore delle poche controparti svedesi e dei molti archi somali, che colpivano senza regolarità. Dopo tre scariche, af Bruder ordinò la carica, ma anche lì la preparazione dei nemici ebbe la meglio. Infatti, combattendo anche i Bengalesi e i Somali a fianco degli altri picchieri, la falange svedese cedette per la pressione prima che le truppe leggere avessero il tempo di riversarsi completamente ai suoi lati, prendendo di sorpresa gli stessi nemici, che si aspettavano uno schieramento più profondo. Tuttavia, il capo degli Issa, Maxamed Siyaad, ritrovò presto il contatto con il governatore e unendo i due tronconi dell'esercito riuscirono a circondare tutta la fanteria, richiusasi in un quadrato. Dovendo anticipare il suo intervento, Muhammad partì all'attacco col manipolo montato: i suoi passarono ma lui fu colpito da un colpo di pistola alla testa (si dice da parte dello stesso af Bruder); l'elmo potette deflettere il proiettile grazie alla conformazione, ma fu deformato e il nasride rimase stordito.
La cavalleria non travolse l'obiettivo, ma quando la bandiera dei Vasa fu spezzata, alcuni uomini iniziarono ad arretrare. L'arretramento divenne mano a mano rotta, ma il comandante in seconda, Nesan Calao, preferì non impegnarsi completamente nell'inseguimento fintanto che il re era senza sensi, aspettando solo di poter iniziare l'assedio. Nella notte, buona parte dei Somali al servizio svedese l'abbandonarono con la forza e sfuggirono all'esercito poco lontano, non avendo voglia di morire per nessun invasore dal mare. Il giorno dopo Johan af Bruder decise di parlamentare, consegnando l'intera Somaliland svedese a Granada.
Nel frattempo re Maxamad stava per finire d'allestire la flotta che l'avrebbe fatto sbarcare a Landskrona. Impossibilitato a mandare soldati a sud, dovendo presidiare il territorio e girarlo personalmente per rendersi conto della situazione dopo il passaggio istituzionale, mandò un messaggio al sultano, che al momento era alla Mecca, preparandosi al ritorno dal pellegrinaggio, chiedendo supporto e mettendo a sua disposizione la flotta da trasporto in India. Il sultano accettò e mandò il bey di Medina con un migliaio di milizie beduine sulle navi alleati, a cui affiancò la flotta del Mar Rosso, utilizzata recentemente nella campagna contro la pirateria dell'Oceano (composta da circa 900 dhow, 200 boum e 10 caracche). Il re somalo diede a vedere di non voler attendere i venti favorevoli, perdendo in questo modo la sorpresa e venendo intercettato dall'ammiraglio arabo, che annientò la flotta. Poco dopo il bey sbarcò a Hobyo e mise in fuga il restante corpo di spedizione somalo, prendendo la non fortificata Galcaio.
Al terzo dell'anno Muhammad stimò finito il suo rapporto sulla nuova colonia, prese i Bengalesi e cento Portrumil e andò anch'egli nel Mudug, congiungendosi con gli Arabi. Maxamad si rifugiò a sud e arruolò altri duemila tra Somali e Arabi, marciando di nuovo verso nord, questa volta contando sulla siccità in arrivo per fiaccare gli avversari. Purtroppo per lui, parte della flotta turca e quella granatina imbarcarono gli uomini di Muhammad e dopo un bombardamento iniziale sbarcarono conquistando Mogadiscio con poco spargimento di sangue. Rimasto senza basi vicine, il re tentò di ritirarsi al confine con l'Ogaden, ma a metà strada decise che sarebbe stato inutile. Raggiunse Mogadiscio e offrì il Mudug all'Impero Ottomano e il resto del regione a Granada.

domenica 19 novembre 2006

La situazione mondiale dell'epoca.

Europa
Nella seconda metà del XVI secolo, l'Europa orientale si vide coalizzata contro la minaccia turca, coalizione guidata dall'unione polacco-ungherese, che resistette ad oltranza contro gli Ottomani, perdendo gran parte dei territori che l'avevano fatto grande. Approfittando di questi problemi a oriente, la Russia nella Guerra Baltica, intervenendo contro il khanato di Carelia, alleandosi con Svezia e SRI. Dopo averne sconfitto le armate, Fedor I cambiò fronte assieme all'imperatore, vincendo il re svedese e togliendogli il vasallaggio sulla Curlandia. Nel 1602 la Francia conquistò la Provenza e nello stesso anno Clemente VIII ratificò l'Atto di Protezione, per cui i regnati di Napoli diventavano l'arma e il mentore della Santa Sede. Come già detto, l'Inghilterra quasi si disinteressò dell'Europa e garantendosi l'alleanza con la Scozia si dedicò all'America.

Medio Oriente e Asia centrale
L'Impero Ottomano si dimostrava come la grande potenza islamica che avrebbe riportato l'epoca del Califfato. Ottenendo l'alleanza con Balkh e il Khorasan, ottenne l'aiuto della Persia intera nelle sue guerre; unico ostacolo era Kirkuk, ma fu un emirato passivo, che si lasciò smembrare pezzo per pezzo. Nel 1599, nella seconda guerra contro l'Aden, Mehmet Pasha entrò trionfante prima a Medina poi alla Mecca, portando quindi il dominio della Sublime Porta sui luoghi più sacri dell'Islam. Prima l'impero conquistò l'Armenia e i due regni georgiani di Kakheti e Imereti, arrivando quindi a governare tutto il Caucaso. In Asia centrale il khanato di Sibir dovette affrontare i Russi, i Kazaki e gli Uzbeki del nord, soccombendo lentamente a tutti e tre. I Kazaki poi entrarono in guerra contro Ferghana e il khanato uzbeko alleati dei Chagatai; dopo vent'anni di continue razzie, si risolse con un nulla di fatto se non enormi danni di guerra. In contemporanea (1590-1610) Kabul conquistò l'Afghanistan intero, ma divenne tributaria di Delhi.
A est il Bengala tentò la conquista di Taungoo, in Birmania, ma fallì.

Estremo Oriente
In quegli anni il Giappone si avviava alla fine del periodo Azuchi-Momoyama e all'inizio dell'Edo.
Sotto il regno dell'imperatore Wanli, la Cina raggiunse la sua massima estensione territoriale. Le armate imperiali penetrarono nel deserto dello Xinjiang e a sud ovest prese metà del territorio tibetano, quella che un secolo prima lo stesso aveva conquistato nel momento di debolezza cinese. Successivamente impose un suo parente sul trono coreano (nel frattempo affrancatosi dal dominio diretto cinese), sottomise i restanti Manchu e conquistò il Vietnam tranne l'estremo sud del regno di Champa a seguito della guerra contro Ayutthaya, scoppiata dall'aiuto fornito da questa ai ribelli mongoli del sud. Eliminata questa minaccia, la nazione thai fu ridimensionata al suo nucleo originario, a scapito cinese e degli stati Shan, che conquistarono l'area compresa fra i bacini del Mekong e dell'Irrawaddy. Con oltre 100.000 uomini, poi, il generale Chen Sui-bian sconfisse le armate Giapponesi e s'impadronì di Kyushu.
I Khmer ripresero il possesso del delta del Mekong e l'Atjeh riconquistò l'autonomia.

Africa Orientale e centrale
Poco dopo la disfatta, gli abitanti svedesi di Landskrona emigrarono, fondando dei nuclei a Lindi e Malindi, formalmente sotto il dominio di Kilwa.
Inoltre l'Oman dovette fronteggiare la rivolta dei capi locali a Mogadiscio, ma non ci riuscì e la città conquistò l'indipendenza, conquistando poi Mudug e l'Ogaden.
Contemporaneamente, iniziavano a formarsi i regni di Lunda e Luba, che 200 anni dopo sarebbero stati la rovina indiretta del regno del Congo.

America settentrionale
In questio periodo, la quasi totalità della costa vide affermarsi il dominio inglese; risale al 1581 il primo scontro fra Cherokee, Creek e i nuovi arrivati.
Dopo la guerra delle 7 nazioni, gli Irochesi portarono forzatamente nella loro alleanza Shawnee e Delaware, divenendo così rivali degli Uroni nel predominio regionale. Più a sud, un'armata comandata dal signore azteco Mazatl sconfisse le forze dei Navaho, obbligandoli a ritirarsi a nord.
Occore aprire una parentesi sull'impero: quando Tizoc II salì al trono, aveva davanti un grande dominio ma fragilissimo. Per rafforzarlo, introdusse una serie di riforme rivoluzionarie che rischiarono quasi di farlo detronizzare, ma resistette e diede vari secoli di vita in più all'impero. Il Tlatoani per prima cosa, approfittando dei disordini interni nelle altre città, elesse Tenochtitlan a unica capitale, eliminando senza colpo ferire la tetrarchia che s'era protatta nel tempo. Come seconda cosa, agì sulla religione: per non vivere nel timore delle rivolte, le popolazioni sottomesse non dovevano odiarlo. Pertanto, con l'aiuto di alcuni sacerdoti riformisti, stravolse la religione e l'arte bellica stessa, riuscendo nell'intento di trasformare i sacrifici umani regolari in sacrifici d'altra natura, riservandoli alle sole grandi vittorie contro i nuovi nemici, poiché Tlaxcala era stata ormai conquistata e le guerre dei fiori sembravano anacronistiche. La guerra allora si adeguò, poiché i prigionieri erano graditi ma non indispensabili, portando a tattiche nuove e a un cambiamento nelle armi. Contro ogni aspettativa, le voci contrarie furono forti ma poche e i popoli sottomessi, altri Nahuatl e Maya in primis, iniziarono a identificarsi come un'unica sudditanza.
In Sud America, invece, salvo le coalizioni di tribù del Rio contro gli schiavisti inglesi, unica nota importante fu la Guerra delle Patate, combattuta nell'impero inca, dovuta alla tassazione nel Chimor sui tuberi importati dall'interno. Dopo due anni questa tassa fu tolta e incentivata la selezione di varietà del vegetale adatte al territorio dei Chimu.

Oceania
Risale più o meno a questo periodo il breve regno di Onaona, re di O'ahu, che per una decina d'anni regnò su tutto l'arcipelago, prima di essere ricacciato.

Muhammad XV

Muhammad fu incoronato la settimana successiva al funerale del padre.

L'America
Notabile fu la spedizione del fratello minore, Muhammad anche lui, oltreoceano. Tale atto era stato dettato dalla vivacità coloniale inglese: senza altri concorrenti europei tranne la debole Francia, l'Inghilterra in America doveva solo confrontarsi con le popolazioni native e ogni anno sempre più stabilimenti erano fondati. Fu scelto per creare un avamposto in America il fratello che si era convertito al cristianesimo. Questi raccolse circa 300 Spagnoli e partì per l'occidente. Quando partirono non sapevano ancora dove stabilirsi definitivamente, ma arrivati nei Caraibi si trovò una sistemazione: un'isola, chiamata poi Barbados, aveva visto uno scontro tra un'insediamento misto guarnigione inglese e i Caribi locali. Superati di numero gli Inglesi furono sterminati, ma in cambio attaccarono ai nativi varie malattie del loro continente. Trovando quindi le ultime comunità caribiche nel sud dell'isola, Muhammad e i suoi si stabilirono a nord, fondando il Fuerte de los Flamencos.

La guerra civile nell'impero Songhai
Due anni dopo l'impresa coloniale, nel Songhai, il successore di (Askia) Daoud, Askia al-Hajj, venne rovesciato, guarda caso durante un pellegrinaggio. Tornato di tutta fretta da metà percorso, dovette affrontare l'usurpatore, Muhammad Bana, a sua volta contrastato dal cognato, Ishaq II.
Raccolta un'armata di 4000 tra Mandé e Songhai, al-Hajj incontrò Muhammad Bana, con altrettanti Bozo e Hausa a Fana. Lo scontro risultò in un sostanziale pareggio e i due contendenti si ritirarono uno a Gao e l'altro Jenné. Ishaq invece, senza un grande seguito, si rifugiò a Essouk, controllando tutto il nord dell'impero.
Tuttavia Ishaq nella sua ritirata aveva portato con sé tutto l'arsenale esplosivo e quindi aveva bloccato i rivali alle armi tradizionali.
Passando per le vie carovaniere, Ishaq si recò da Muhammad, che soggiornava a Fez al momento, prostrandosi davanti a lui e chiedendogli aiuto.
Egli, valutando la situazione, accettò. Ishaq infatti aveva trovato l'alleanza con il Kanem-Bornu e il Baguirmi, che fino a pochi anni prima avevano minacciato sia il Benin sia Granada. Inoltre, Ishaq era parente dei Nasridi, avendo la sorella sposato il terzo fratello di Mohammad.
Come prima mossa per riportare l'unità nell'alleato, Mohammad contattò gli altri due contendenti, offrendo loro la resa. Rifiutata da entrambi, gli alleati di Ishaq marciarono uniti sotto re Idris III verso Gao, ma al-Hajj li intercettò e sconfisse in un'imboscata presso il lago Ciad. Perso il sostegno a oriente, scattò la seconda parte della strategia. In contemporanea, l'armata mercenaria di Ishaq, finanziata dagli iberici, con i suoi precedenti sostenitori marciò da Essouk e Paranama Yoli, luogotenente del regno Mossi di Wagadougou (regno che aveva una storica rivalità con l'impero) partì verso nord-est. Eludendo Muhammad Bana, i due contingenti s'incontrarono ma al-Hajj sfuggì alla battaglia.
Vedendosi superato di numero, propose l'alleanza a Bana, per poi contendersi il regno eliminato il terzo incomodo. Questi, volendo dare una dimostrazione di forza allo scomodo alleato granatino, accettò.
Mentre raccoglievano ulteriori forze, lo stesso Mohammad arrivò a Gao, conquistata, con 1000 uomini della guardia. A poche miglia dalla stessa si confrontarono gli eserciti. Circa 20000 uomini di Muhammad Bana e al-Hajj dovevano sconfiggere metà dei nemici.
La topografia era semplice: una piana senza particolari alture, divisa a metà da un corso d'acqua stagionale.
Vedendo che, a causa di problemi negli ordini, l'esercito di Paranama stentava a schierarsi bene, Muhammad Bana caricò l'ala sinistra dello schieramento nemico, con Muhamamd XV e Ishaq II, la più pericolosa, seguito a ruota dall'altro. Arrivati al ruscello, lo schermo di fanteria di Granada si dissolse, rivelando tutti i cannoni e dietro la fanteria pesante.
Un'unica salva colpì quasi a bruciapelo i nemici, martoriandone i ranghi e questo fu troppo per gli uomini di Muhammad, che non avevano mai visto la polvere da sparo in funzione. Ruppero i ranghi prima ancora di entrare in contatto e si diedero alla fuga, inseguiti da diversi Mossi, che avevano aggirato la massa dei nemici caricanti.
L'esercito di al-Hajj invece resistette, poiché la maggior parte dei suoi erano veterani della guerra dei 5 anni o ex guardie reali.
Facendo fuggire gli artiglieri, si scontrarono contro la Guardia e i mercenari, ma non avrebbero retto a lungo, a causa delle loro armature. Per ovviare a ciò, con l'armata di Paranama ormai impegnata nell'inseguimento, il re consegnò i 200 cavalieri della Guardia a Ishaq, che comandava già i suoi 700 e gli ordinò di caricare. Alla testa di 900 cavalieri corazzati irruppe sul fianco sinistro di al-Hajj, che cadde nella carica assieme a tutta la sua guardia, facendo crollare il morale degli altri, portandoli alla rotta. In sole due ore erano rimasti sul campo 3000 uomini.
Il re frenò comunque Ishaq dall'inseguimento, ordinandogli di lasciare il comando al suo secondo. Dopo la battaglia i Mossi furono mandati a mettere al sicuro l'occidente, mentre i mercenari spensero gli ultimi focolai a sud. Rimasto a Gao con Ishaq, il re usò la sua guardia per bloccare quella di Ishaq e gli impose di fare atto di sottomissione a guerra terminata, portando l'impero in posizione subordinata e attingendo dalle sue casse per ricompensare i Mossi. Anche Muhammad Bana morì combattendo e nel 1588 Ishaq fu riconosciuto definitivamente come Askia Ishaq II, vassallo di Muhammad XV.
Quando morì, tre anni dopo, il potere passò al piccolo Daoud II, di sette anni, sotto la reggenza della madre e del visir, ma sette anni dopo anche lei morì e immediatamente Muhammad mandò un esercito a Timbuktu e Gao per prendere in ostaggio il da pochissimo maggiorenne imperatore. Coi maggiori centri del suo dominio occupati e avendo perso l'appoggio di numerosi nobili, comprati dalla prospettiva di poter sfruttare privatamente le miniere reali d'oro, fu obbligato a un'ulteriore umiliazione. Firmando la sottomissione, tutto il suo regno era reso a una delle tante entità tributarie africane e indiane di Granada, senza possibilità di decisione in politica estera, divenenendo de facto un governatore per conto di Granada. Alla sua morte a causa del colera, nel 1600, il regno divenne parte del governatorato di Marocco e nulla rimase dell'autorità regale, delegata ai nobili.
Il seguito
I successivi anni passarono in pace. Al-Meriya nel 1590 partecipò alla conferenza di Lecco circa la guerra tra Sicilia e Napoli.
L'anno successivo, il 1591, poco prima di Natale, Muhammad celebrò i 1000 anni dell'egira, secondo il gusto decennale di molti studiosi, inaugurando la nuova grande moschea di Barcellona e indicendo due settimane di festa in tutto il regno.
Tre anni più tardi venne riformata parte del codice penale: ancora più reati furono analizzati dalla scuola di giurisprudenza toletina, che s'ispirava in parte al diritto romano. La schiavitù venne reintrodotta, ma statale e solo per crimini come furto aggravato, blasfemia reiterata e atti di pubblica sodomia e tutti i tipi di frode. Per i piccoli crimini e i debiti invece la pena da punizioni corporali e detenzione divenne uno stato di semischiavitù, ossia l'obbligo di alcune corvée alla parte lesa per un periodo proporzionale al danno. Ciò entrò in vigore con l'Editto di Cadice.
Muhammad morì nel 1605 e gli succedette il nipote, figlio del fratello "apostata", musulmano, che prese il nome di Muhammad XVI.

Gli ultimi anni di Ismail III


Granada, dopo aver delineato i suoi nemici in Europa, doveva cercarsi degli alleati. La scelta più naturale era il Sultano.
Nel 1577 la Sublime Porta dovette affrontare una coalizione formata dal Sacro Romano Impero, Polonia, Ungheria, Stiria, Valacchia e Moldavia per contrastarne l'espansione europea. In una breve unione militare, 2000 cavalieri e 1000 fanti italiani vennero mandati in a Ragusa per rinforzare l'esercito di Mesut Pasha. Queste truppe tennero testa all'armata ungherese a Puka. Sei anni più tardi la guerra si concluse con l'annessione di Valacchia e Moldavia da parte dell'Impero Ottomano e l'acquisizione della Dalmazia.
Nei successivi sette anni l'impegno fu volto al consolidamento dei territori extraeuropei, incoraggiando l'emigrazione laggiù. L'ultima apparizione di Ismail fu nel 1583, al processo per lo "scandalo dei tintori". Si ritirò dalla vita pubblica tormentato dal male, probabilmente un tumore al fegato e morì successivamente. Gli succedette Mohammad, il XV.

La prima guerra del Gujarat

Sin dal 1563 il Gujarat, preoccupato dall'espansione europea nell'area indiana, aveva vietato l'accesso ai mercanti di Granada al proprio commercio, che aveva l'apice nella nuova capitale di Rajkot, nuovo crocevia fra Africa, Persia e Oriente. Nel 1575, dopo numerose minacce, Ismail decise di andare per la guerra contro Muzaffar Shah III. A guidare le operazioni mandò il figlio con il suo consigliere Amhed al-Meriya, che avrebbe poi dovuto scegliere un altro generale locale. Nel frattempo, ottenne l'aiuto dell'Oman, anch'esso in cerca di rivincita contro l'atavico nemico.
In India Muhammad ottenne i servigi del re di Kochi -nominalmente- Keshava Ramavarma per l'appalto sui dazi portuali, che aveva perso all'epoca della prima colonizzazione, rimanendo però nella sua nuova capitale. Imbarcò i suoi 2000 uomini e 500 Portrumil, mentre l'Oman mandò 9000 fanti e 3000 cavalieri.
I coalizzati potevano permettersi così pochi uomini perché il servizio informativo omanita aveva scoperto che di lì a poco sarebbe iniziata l'invasione da parte di Delhi.
Le due armate s'incontrarono a Bhavnagar, da cui partirono verso l'interno, mentre Muzaffar era bloccato dall'assedio di Vadodara. Cinsero d'assedio Rajkot e la conquistarono facilmente, nonostante fosse stata munita dei migliori e più recenti sistemi di difesa dell'epoca. Muhammad, alla conquista, fece occupare il palazzo e le dimore dei più ricchi e vi si insediò, lasciando il resto della città agli alleati. Una settimana dopo, saputo dell'imminente rottura dell'assedio da parte di Muzaffar, prelevò il tesoro e ogni oggetto di valore dal palazzo, dalle case occupate e dai templi che avevano indicato come favoriti dalla famiglia reale (islamica), mentre toccò solo la moschea di palazzo, lasciandola agli Indiani. Infine, diede alle fiamme il palazzo. Dopo questa spoliazione, lasciò tutta la gestione del territorio occupato ai 26000 omaniti di stanza e si reimbarcò per Goa e il sud. Muzaffar Shah alla fine si liberò e fece la pace con Delhi. Dopo altri sette anni riuscì a raccogliere abbastanza guerrieri per cacciare l'esercito del sultano.
Dopo questa vittoria, fu comunque costretto a un accordo: con Muhammad, che era rimasto in India, se la cavò con privilegi ai suoi mercanti e il mantenimento del bottino, mentre l'Oman richiese lo stesso più il diritto di tenere presidi nelle maggiori città e la consegna di tutta la flotta.

Il periodo delle rivolte

Chiamato anche della guerra civile (o, per meglio dire, delle guerre civili), durò 8 anni e fu provocato dall'incerta situazione interna. Si suddivide nella fase francese (1565), italiana (1565-1566), spagnola (1566-1567), araba (1566) e berbera (1566-1573).
La prima causa fu la povertà che aveva colpito vaste aree del regno, unito alla sensazione che i tempi fossero maturi per un cambio della guardia o la rinascita di antiche spinte indipendentiste.

Francia
La prima scintilla scoccò in Francia. A incitare alla rivolta fu Luc Sebs, un avvocato aquitano. Questi, zelante luterano, vedeva l'occupazione granatina più come un affronto religioso che una prevaricazione dell'indipendenza popolare; arringando contro i nobili corrotti e l'incuria del territorio, raccolse qualche centinaio di volontari con cui espugnò due castelli e in seguito arrivò a guidare 2000 uomini nell'""Armata di Salvezza della Croce" più tutti i servizi collegati, prendendo il controllo di un'ampia parte dell'Aquitania e instaurando un governo provvisorio. Prima che Delsez potesse intervenire, comunque, i nobili locali si unirono contro la minaccia e con le loro milizie riuscirono a sconfiggere l'armata nel villaggio basco di Haltzu sei mesi dopo la prima apparizione di Sebs. Lo stesso fu catturato e impiccato a Bordeaux.

Italia
La morte di numerosi soldati italiani in Francia aveva posto in cattiva luce il governo nasride. A ciò si aggiunse nel 1563 un'epidemia che colpì Genova e Firenze. Nel luglio di due anni dopo, quando a Livorno il prezzo del pane raggiunse il suo massimo, la popolazione si ribellò, velocemente seguita da molte altre città. I centri maggiori aderirono alla Confederazione Italica, mentre quelli minori rimasero più o meno lealisti. La Confederazione, in pratica formata da città-stato, chiese aiuto a Venezia, ma questa era già impegnata nella guerra contro Mantova, che avrebbe poi sottomesso un anno dopo. Gli Zyianidi da Milano si offrirono di aiutare Granata, ma Ismail rifiutò. Lo stesso re portò 3200 mercenari svizzeri in Italia, sconfiggendo le forze nemiche a Cecina. Ludovico Alderigo, il console di Firenze, morì in battaglia. Per l'autunno del 1566 tutte le città rivoltose erano state espugnate o avevano fatto atto di sottomissione. Oltre a imporre un calmiere, Ismail decise di togliere ogni prerogativa cittadina a quelle che si erano ribellate e trasferirle alle altre, effetto che rimase fino al regno del nipote.

Spagna del nord
Mentre il re era via, in patria un'altra sommossa avvenne. L'autore era il marchese decaduto Emilio Fraga. Egli, cattolico fino al midollo, prese esempio dalla vicenda di Sebs per guidare la sua guerra per l'indipendenza politica e religiosa e non avrebbe potuto trovare un terreno più fertile che nella propria terra natale, la Galizia. Appoggiato da molti altri nobili (dal 1550 la regione era a statuto speciale), reclutò molti Galleghi, per poi sconfinare nelle Asturie; alla fine l'armata "de la Concha de Santiago"arrivò a contare 20.000 uomini e la capitale fu posta nella stessa Santiago de Compostela, dilagando nella Spagna settentrionale senza incontrare resistenza. Fraga fu però sconfitto in due occasioni dal principe, di cui parleremo in seguito. Terminato il movimento, Muhammad concesse la grazia ai nobili che avevano spalleggiato il marchese e i civili, ma tolse alla regione lo statuto speciale, rendendo i nobili tutti funzionari statali.

Spagna del sud
Innanzitutto, bisogna parlare della situazione dell'élite arabo-berbera all'epoca. L'opinione comune era che i sovrani, nel tentativo di rabbonire le popolazioni sottomesse concendendo loro pari diritti, avesso prevaricato i privilegi di quella che era stata da sempre la casta dominante. D'altronde, forse il più grande pittore e scrittore granatino del XVI secolo, Julio Ortenga y Jacinte, non era un musulmano dell'Estremadura, che scriveva in Spagnolo e si dedicava a temi molto "cristiani"? Forse il dominio effettivo degli Arabi -comunque inteso non come nobiliare, ma bensì come di semplici governatori- non si fermava alla Guadiana? Sentivano la famiglia reale come lontana e corrotta. La rivolta al nord fu l'ultima goccia: il governo per loro era diventato troppo debole. Il movimento era capeggiato dalla potente famiglia di Almeira dei Rasid, che con l'aiuto dei banchieri ebrei Iacossa ottenne i servigi di 5000 mercenari turchi, a cui si unirono le loro milizie e insieme marciarono verso nord contro i cristiani. Il governatore di Toledo, che s'era opposto al foraggiamento dell'esercito, fu catturato e ucciso.
Lo stesso numero di veterani fu richiamato dal principe Muhammad, che giunse a un accordo con Nayef ar-Rasid, il capo, per unire le proprie forze contro il nemico comune. Poco prima la battaglia di Cecina, l'esercito regale soprese in una valle del Leon l'armata di Santiago, mettendone in fuga metà e catturando o uccidendo l'altra.
Il punto di rottura avvenne in seguito, a Valladolid. Nayef proponeva l'esecuzione di tutti i prigionieri e la distruzione della città come gesto dimostrativo, ma Muhammad non acconsentì. Di fronte alla minaccia di usare le proprie truppe indipendentemente e alla vigilia del Ramadan, il principe fece arrestare Nayef ed esautorò gli altri comandanti. Pagò poi di tasca sua l'ultima rata ai mercenari, perché "scortassero" gli irregolari a sud e rimanessero di riserva fino alla primavera successiva. Interruppe le operazioni per il mese di sawn e poi riprese in inverno.
Riconquistò la Galizia con facilità, costringendo i superstiti a rifugiarsi a Oviedo, che fu rinconquista in febbraio. Dopo questo, quando il padre era già tornato, accadde quanto già detto.

Maghreb
Subito dopo la vittoria nelle Asturie, a sud si delineò un altro problema. In parte per lo stesso motivo degli Andalusi e in parte per un sogno d'indipendenza, un influente Shleuh, Magsen Amazigh (sconosciuto il nome precedente), si mise a capo di un esercito formato dai suoi seguaci, che aveva raccolto negli anni precedenti. Magsen era il primo teorico di un'unità berbera, cosa che era difficilmente concepita dalla popolazione, considerando le grandi differenze fra un gruppo e l'altro, in contrasto soprattutto con l'arabizzazione ancora in atto. Sognando una nuova Mauretania-Numidia, raccolse con le sue doti di capo il suo popolo e molti altri gruppi del deserto, tra cui i Tuareg, in una campagna contro "quelli delle coste", come li chiamavano, i Berberi più arabizzati. Tuttavia, dopo i primi successi, non ebbe vita facile: la città di Fez, i Berberi ebraici e i Rifain si opposero energicamente al progetto, facendo mancare l'appoggio di cui aveva più bisogno Magsen. Le informazioni su questo periodo sono scarse, ma si sa che i ribelli furono battuti sull'Atlante, divisi da alcune rivalità tra corpi dell'armata; ibn Abdul Aziz, il generale che guidava i lealisti, li inseguì fino all'Algeria interna, in uno stato di semi-anarchia, cosa che avvenne nel 1570. Per altri tre anni i fedelissimi di Magsen portarono avanti una guerriglia nella nuova conquista granatina, ma dopo il 1573 non si ha più alcuna cronaca delle loro attività. Si pensa che colui che aveva concepito i Berberi come un potenziale unico popolo, sia stato ucciso o sia morto di malattia. Fatto sta che il processo di arabizzazione continuò.

Si può anche notare un'esperienza simile nelle Canarie: Doramas II, uno dei pochissimi Guanchinet rimasti nelle Canarie, con un centinaio di uomini occupò un paio di villaggi nella Gran Canaria, per riportare in auge l'antico regno dei suoi antenati; assediato, giunse a un accordo pacifico senza alcuna perdita, ottenendo il permesso per la sua e altre 9 famiglie di vivere autocraticamente nella maniera antica senza pericolo.
L'area interessata

I risultati

La guerra dei 5 anni fu probabilmente l'evento più importante della storia nasride. Perché? Perché proiettò il regno da entità nata dagli Almohadi e conquistatore musulmano di una terra cristiana nel novero delle grandi potenze mondiali, riconosciuto unanimamente.
Tuttavia, questa guerra ebbe anche gravi conseguenze sul breve-medio termine: mancano dati precisi per le altre nazioni, ma circa il 55% dei richiamati alla leva granatini e un po' meno dagli stati collegati morì, portando immane distruzione a volte anche molto vicino al cuore del regno.

Paesi partecipanti

Granada, Songhai, Sardegna, Linguadoca
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Francia, Svezia, Benin, Inghilterra, Provenza, Savoia-Piemonte

Confini dopo le paci

La fine della guerra

Fatto fuori il principale artefice della guerra, poco rimaneva da fare in Europa.
Ismail, per appacificare i nuovi territori conquistati, lasciò intatta la classe nobiliare, peraltro assai delusa dalle prove della precedente monarchia; a sovrintendere mise due governatori, un guascone protestante e un catalano cattolico e i vari podestà, nobili, vescovi o quali che fossero, avrebbero dovuto rendere conto solo a uno di questi, scelto da loro (sistema che rimase in voga fino al primo XVIII secolo). Tuttavia, Delsez rimase a Bordeaux con un migliaio di volontari per tre anni circa. In Sardegna fu mandato il figlio di Suvegny, Joaquin.
La pace con l'Inghilterra fu siglata dopo la battaglia incerta di Ouessant, mantenendo lo status quo. Un intraprendente George Clonfart occupò di sorpresa Calais, senza l'autorizzazione regia, ma des Barres lo cacciò subito dopo.
In Somalia, Braba tentò coi rinforzi un'offensiva, ma il governatore af Brunder lo sconfisse, riportandolo sulla difensiva. La Svezia tentò inoltre un'effimera occupazione delle Azzorre, ma entro la primavera del 1561, la minaccia del khan in Finlandia obbligò a terminare la guerra: fu concessa la regione di Landskrona, dando la notizia allo Svedese in Africa poco prima che iniziasse l'offensiva che avrebbe ricacciato i Portrumil.
Poco dopo, comprò con i soldi guadagnati dalla confisca dei beni dei potenti banchieri Grunlich, in Pomerania, il sud del regno di Ikkeri, che era diventato un satellite di Delhi, per favorire l'immigrazione di grandi masse finniche, che da rifiugiati in Svezia rimanevano solo un problema.
Il Benin rimase quindi solo. Lopez e i suoi alleati, per tutti gli anni in cui erano stati impegnati, condussero una campagna assai poco regolare, piena di dietro-front, attacchi alle spalle e assedi, intervallati da poche battaglie campali e trattative diplomatiche, la cui lista è troppo lunga per non intaccare la scorrevolezza; comunque il cronista ar-Rum, che era al seguito dell'esercito, ne dà un resoconto preciso nel suo "Operazione del sud". Nel 1561 il Songhai si dichiarò soddisfatto del bottino di guerra ottenuto e delle poche conquiste a sud, addentrandosi oltre il Sahel, facendo così pace, mentre Lopez e gli altri continuarono. Nell'aprile del 1562 l'Oba, di fronte a Lopez e tutti i sovrani coalizzati, fece cessione di tutta la parte occidentale del regno a Granada, che usò il metodo indiano di governo.
La nazione di Ismail III usciva da questa guerra come unica e incontrasta potenza a cavallo fra Europa e Africa, un pezzo fondamentale dello scacchiere sia in Francia sia nel Mali, senza però avere una qual sorta di unità non governativa al suo interno, se non la mitizzazione dei sovrani.
Bronzo dato come pegno al Songhai.

sabato 18 novembre 2006

Il 1559-1560

Biennio ricco di eventi in Europa. Delsez mandò Idris abu Nasir con 9000 uomini in Italia, per unirsi ai coscritti locali e fronteggiare l'esercito provenzo-sabaudo, poiché i due ducati s'erano alleati alla Francia nel tentativo di ottenere terre in Italia; furono sconfitti a Cassinelle, complice il maltempo con cui abu Nasir aveva attaccato dai monti e firmarono subito la pace.
Nel mentre, il re scendeva a sud con 49000 uomini e altri 2000 mercenari scozzesi e tedeschi.
Lo scontro infine avvenne sulle alture intorno a Ussel. Delsez lanciò l'attacco per primo, colpendo all'improvviso il campo francese con i Baschi, che furono però costretti alla ritirata. Il re mosse quindi, spiegandosi nel paese, bloccandone le vie e questa fortificazione portò a un'attesa di molte ore, fino al tardo pomeriggio; l'attacco iberico fu preceduto da un pesante bombardamento, a cui si rispose coi più lunghi cannoni francesi. Spinto dalle gravi perdite dell'assalto, Delsez si fermò subito, fingendo di ritirarsi.
Lo stato maggiore decise allora per l'azzardo: dopo il tramonto, previo altro bombardamento, tutta la fanteria si sarebbe riversata nel villaggio, mentre la cavalleria l'avrebbe circondato. Presi alla sprovvista, i soldati riuscirono a scampare solo in piccoli gruppi, vincendo i cavalieri sul terreno montuoso, ma il re fu catturato. Ancora oggi non è ben chiaro come gli uomini di Delsez abbiano potuto prevalere così facilmente sui francesi, che comunque erano ben superiori sia d'armamento sia di numero, sebbene colti nella prima sera; si parlò della corruzione dei mercenari o addirittura alla defezione dei fiamminghi, il cui duca fu tra l'altro trai cinque messi garanti mandati a Limoges per chiedere un riscatto.
Il comando delle operazioni fu riassegnato a Coligny, mentre la reggenza la prese il fratello del re, Robert; poco dopo la battaglia Suvegny morì di polmonite a Barcellona; le migliaia di prigionieri francesi furono portate a Bordeaux e nella regione circostante.
La risposta svedese non tardò: Hans Boije af Gennäs, con 10.000 uomini (l'unità strategica svedese dell'epoca) sbarcò in Francia, ma mentre si preparava a Parigi fu richiamato in patria a causa dell'invasione careliana, togliendo un problema a Delsez.
Robert, principe di Vandea, già ministro degli esteri, attuò subito la sua strategia: ad agosto, con un'abile manovra, convinse la da poco incoronata regina Elisabetta a mettere da parte le divergenze, ottenendone l'appoggio militare in cambio di Calais e del riconoscimento delle conquiste entro l'Aquitania, una volta vinta la guerra.
Così, nell'inverno del 1559, il barone di Wight sbarcò con 3000 uomini in Aquitania, governata dalla Linguadoca, senza incontrare resistenza. Per assicurarsi il controllo della regione e avere una riserva da mandare a sud, dopo aver conquistato Bordeaux liberò i prigionieri francesi e li armò alla bell'e meglio, dirigendosi a nord, mentre Coligny attaccava con le nuove l'esercito andaluso che assediava Limoges.
Questi però fu sconfitto al ponte di Rime (2 febbraio 1560) e così gli Inglesi si trovarano a mal partito. Prima ancora di entrare in contatto, Elisabetta ordinò il ritiro immediato, ritirando i patti (senza, d'altronde, che Calais fosse stata effettivamente occupata); i liberati tornarono prigionieri.
Rimasta praticamente isolata, la Francia versava in cattive condizioni. Robert catturato a Tours,riuscì a fuggire, decidendo però di chiedere la pace. Poiché le trattative andavano per le lunghe, des Barres, nominato comandante supremo, tentò di giocare l'ultima carta: convinse il nuovo, volubile duca di Linguadoca, Thibaud II, a rendersi indipendente, mentre il grosso dell'esercito stazionava molto più a nord. Accettò, usando però solo le sue forze e fu quindi sconfitto a Girona dallo stesso Ismail III, con un'armata raccogliticcia. Decapitato per alto tradimento, la corona fu offerta al cugino Gaston, senza però la Guascogna, l'Aquitania e il Poitou, limitandosi al precedente dominio sul Rossiglione.
Lo stesso re poi si recò a parlamentare la resa fracese: chiese solo un piccolo indennizzo di guerra, assicurando il rilascio di ogni prigioniero francese (tra cui il precedente re), in cambio di tutte le conquiste di Delsez antecedenti la battaglia d'Ussel. Il principe reggente fu costretto ad accettare.
Controffensiva francese al ponte di Rime (non nel campo)

L'India

In seguito all'intervento svedese in guerra, anche l'Oceano Indiano assunse la sua importanza.
All'inizio del 1558 iniziò l'arruolamento, sottoposto a leggi diversi oltremare, per lo sbarco nel Vicekungar Somaliland, un modo per bloccare sul nascere la presenza svedese in Africa, ma andò per le lunghe: sebbene sulla carta i vari regni del profondo entroterra, mai defenitivamente assorbiti, fossero vassalli di Granada e dovessero un tributo annuale, erano de facto alleati indipendenti in funzione anti-Mysore e non erano quindi tenuti a inviare un numero fisso di truppe. In attesa che gli abili alle armi Portrumil venissero rinforzati, l'ammiraglio Yazhini Murtrapagasta Apolinário preparò la strada sconfiggendo fuori dal porto di Socotra le poche navi svedesi comandate da Gustav Persson.
Poiché il raccoglimento delle truppe era troppo lento, Alfonso Braba decise di partire con i pochi uomini che aveva, trovando la difesa ancora meno forte: con 4000 uomini occupò Landskrona e tutta la punta della penisola, fermandosi poi a causa della minaccia di un esercito composto da numerosi Somali reclutati dal governatore.

Il teatro europeo

In contemporanea alla campagna africana, Delsez lanciò la campagna in Francia. Che fu fermata da un'epidemia in campo francese.
Il tifo colpì l'armata e tutta la regione, dimezzando l'esercito francese. Ciò nonostante il re mosse comunque, dividendo le forze in due tronconi da 5000 uomini e uno da 25000.
Delsez da canto suo si vide costretto a marciare compatto, senza articolare niente. Fu però aiutato dal colonnello Bertic, che comandava la cavalleria autonoma della Linguadoca (1600 effettivi) a cui era stato accorpato il reggimento gallego del conte Almerida (2000). Sorprendendo lo stesso suo stato maggiore, intraprese una lunga cavalcata nel Perigord, appena dietro le retrovie nemiche, per tagliare i rifornimenti. Dopo due settimane di attività, finse addirittura di assediare Périgueux, facendo tentennare il re e permettendo al grande esercito aragonese di raggiungere Delsez. Vistosi accerchiato, il barone di Vergt, Xavier Dacos, guidò i suoi 5000 uomini contro la cavalleria di Bertic, ottenendo una vittoria più facile del previsto e aprendo la strada alla ritirata del resto dell'esercito, che avrebbe lasciato la Francia del sud aspettando che i soldati dalle Fiandre arrivassero.
Vistosi improvvisamente disingaggiato, Delsez lasciò un distaccamento a Périguex e portò il resto dell'esercito a est, attaccando le principali fortezze francesi. Entro la controffensiva, lungamente posticipata, arrivò a prendere tutta la Francia meridionale dalla Guyenne al Lyonnais all'Auvergne.
La fortezza di Mâcon.

L'ampliamento della guerra

L'Africa

Fino ad allora, l'impegno bellico della Svezia si era limitato all'invio di un contingente di cavalleria all'esercito di Coligny, che operò poi in seguito con l'armata reale. Però si era impegnata a convincere il Benin in funzione anti granatina nell'Africa occidentale. Nell'inverno 1558, mentre il corpo di spedizione indiano veniva preparato, l'armata guidata da un tale Onaiwu, equipaggiata dagli Svedesi, attaccò la milizia confinaria deil Songhai, sfondando rapidamente e arrivando a Bandiagara.
Fu solo una dimostrazione di forza, dato che gli effettivi erano la metà, così dopo una settimana d'assedio l'esercito tornò sui suoi passi, lasciando altri gruppi armati a guardare la frontiera.
Dovendo rispondere all'attacco, Granada approntò un esercito coloniale di 8000 uomini, pronti per marzo, a Nouadibou, ma poi si optò per un più veloce assembramento di forze nella città Songhai di Djenné, per poi attaccare Bambuk.
Nel frattempo, a causa di alcuni scontri particolarmente violenti a nord, Onaiwu era stato costretto a lasciare gli uomini con le armi da fuoco alla frontiera.
L'armata coloniale si addentrò nel territorio del Benin, assieme a mille ausiliari del Songhai, ma fu intercettata da Onaiwu presso Banfora.
Colti di sorpresa nel terreno difficile e a corto di rifornimenti, gli invasori furono annientati. La sconfitta fece molto scalpore in patria, poiché gli eserciti di Granada erano considerati imbattibili dal tardo 1300 ed essere sconfitti da un'armata che si credeva combattesse ancora con tattiche medievali era impensabile. La colonia prevalentemente portoghese della Sierra Leone era particolarmente minacciata: il governatore locale, Roberto Sodao, s'era inimicato il piccolo regno Mende che si era formato da pochi anni e l'Oba del Benin si era alleato con loro.
Fu istituita un'altra armata, formata da mercenari berberi, Arabi del Marocco e milizie native nelle colonie, guidata dallo stesso emir supremo in Africa, Raul Lopez. Raccolti 3.000 uomini, il Songhai ne potette inviare solo 500. Con questa scarsa forza, Lopez sbarcò in Leone, battendo i Mende e obbligandoli a un'alleanza forzata. Per rimpinguare le sue fila, fece leva sull'indipendentismo degli Ashanti, che avevano sempre cercato di contrastare l'espansionismo yoruba. Il loro Asantehene, Otumfuo Nana Manu, consegnò Kumasi con il suo territorio e 9000 soldati a Lopez, con l'intesa di mantenere un maggiore potere una volta finita la guerra rispetto al centralismo a cui era sottoposto. L'esercito così rinfoltito si diresse verso Bambuk, la città più importante nel Benin occidentale, fondata da poco tempo prendendo il nome della regione omonima.
La marcia fu completata due mesi dopo e i due schieramenti si incontrarono proprio nella piana di Bambuk.
Lo scontro fu abbastanza classico. Gli osservatori svedesi avevano aiutato ad addestrare la fanteria veterana del Benin a combattere in maniera europea, con anche alcuni contingenti di cavalleria, mentre la maggior parte dell'esercito si schierava in modo classico. Lopez aveva potuto portare con sé solo cinque cannoni, mentre Onaiwu ne aveva 10, tutti navali, maneggiati da norvegesi e finlandesi.
Le due "falangi" si scontrarono al centro del campo: quella del Benin, con 10000 uomini, era molto più grande, ma gli uomini erano armati più leggermente e lo schieramento granatino degli archibugieri faceva prevalere la loro potenza di fuoco. I 250 cavalieri del Songhai ebbero facilmente ragione delle loro controparti, ma furono bloccati dai cannoni.
Vedendo che con la copertura dell'artiglieria altri 15000 uomini armati tradizionalmente stavano per attaccare i picchieri a sinistra, Lopez mandò gli Ashanti del capo Adofo, che s'incunearono tra lo spazio creatosi nel gruppo dei nemici e con velocità assalirono i cannonieri. Incuranti delle perdite, ignorarono quei quindicimila che cercavano di circondarli e rompendo un punto debole attaccarono alle spalle la falange del Benin, che fu compressa e mandata in rotta. La compatta formazione granatina si disperse all'inseguimento e Onaiwu colse l'occasione guidando la fanteria leggera alla carica. L'attacco fu però fermato a un passo dalla vittoria sui fanti pesanti dagli Ashanti, che colpirono in un collo di bottiglia formato dagli alberi. Lopez riradunò i suoi e li mandò contro il lato ancora libero della formazione nemica. In un ultimo tentativo di rompere le linee, Onaiwu guidò i suoi 500 soldati d'élite alla carica della posizione dell'Ashanti, ma fu inutile e lo stesso generale morì.
Poiché la stagione delle piogge era ormai arrivata e Lopez dovette dare una battuta d'arresto fino a Novembre. I locali Fula non accolsero troppo bene l'arrivo di altri invasori e non si riuscì ad arruolarne troppi, mentre il vicino re dei Wolof accettò il nuovo governo, sperando così di mantenere le sue prerogative.

La Guerra dei Cinque Anni

La linea della Garonna

A metà luglio, Parigi decise di liberarsi definitivamente del rivale sardo, approfittando del contingente impegnato sul continente. Per guidare l'armata da sbarco fu scelto des Barres. Perché lui? Perché sì Suvegny era il miglior generale francese, che nel 1531 come semplice capitano di cavalleria della Guise aveva guidato un manipolo di uomini nel porto di Rotterdam su una nave bretone catturata, incendiando 25 navi e tagliando i rifornimenti all'esercito imperiale del burgravio di Freiburg (im Breisgau), ma nessuno poteva competere in quanto a carisma col maresciallo ed era quello di cui avevano bisogno i soldati francesi dopo la disfatta del Gers.
Il 18 luglio, per preparare la strada, l'ammiraglio d'Oude attaccò in porto la flotta sarda, nel golfo di Oristano, danneggiando o affondandone la maggior parte. Il 29 la flotta da trasporto, con 7000 uomini a bordo, salpò da Tolone per la costa sud della Sardegna, schermata dalle navi dell'Oude. Lo sbarco avvenne a 5 miglia da Cagliari: des Barres e il suo funzionario logistico, Brizasque, diressero lo sbarco egregiamente, facendolo terminare in cinque ore solamente; le milizie cagliaritane non si mossero dalla città, contando appena 1500 uomini, ma presto sarebbero arrivati tutti gli altri soldati dall'isola, prima che des Barres potesse entrare in città. Il duca si mise a guidare la milizia cittadina, mentre il generale in capo della difesa costiera, De Iano, raccoglieva ad Arborea i suoi uomini.
Il 1 agosto, nella calura sarda, altri 2000 uomini sbarcarono per prendere posizione nelle poche ridotte che i soldati di des Barres erano riusciti a fare sulle vie d'accesso principali a Cagliari, mentre loro si muovevano a nord per incontrare l'armata di De Iano. Entrambi i comandanti avevano deciso di far combattere gli uomini senza corazze. La battaglia avvenne poco più a sud di Sanluri, des Barres fece semplicemente valere la sua superiorità numerica, sebbene De Iano si fosse messo in posizione migliore; in due ore finì tutto, pochi morti d'ambo le parti ma l'esercito sardo in fuga. Il 10 agosto il duca di Sardegna Giovanni fu colpito in pieno da un proiettile di cannone vagante; il comando fu affidato al fratello Luigi.
Due giorno dopo, mettendo in pratica un piano elaborato da mesi, il maresciallo attaccò Cagliari al tramonto supportato dal fuoco dal mare delle galee di d'Oude. La città fu conquistata solo il mattino dopo. Il nuovo duca era stato ucciso la sera precedente nella mischia. A des Barres fino a nuovo ordine fu comandato di prendere direttamente il governo dell'isola.
Nel frattempo, giunti rinforzi dalla Castiglia, Delsez marciò a nord, per invadere il resto dell'Aquitania.
Questa fu facilmente presa: il sistema di fortificazioni era ancora in fase di riammordernamento e a parte una piccola battaglia presso Bergerac, non si ebbe mai uno scontro campale. Per l'inverno, l'esercito francese, forte di 60.000 uomini, si preparava a Limoges, mentre Delsez svernò a Bordeaux, presa a ottobre.
La linea del fronte che si sarebbe riacceso in primavera, si attestava dunque sul fiume francese.

La Guerra dei Cinque Anni

La campagna guascone

Come già detto, esistevano tensioni fra Granada e Francia per il controllo della Linguadoca. Si accentuarono quando ascese al trono di Parigi il nuovo re Henri II, che passò dall'obiettivo di rendere indipendente la Linguadoca a quello di sostituirsi ai suoi attuali signori. Nel 1554 si alleò con la Svezia; sempre nel 1554, grazie agli svedesi, la prima missione granatina, guidata dal diplomatico portrumil Saivan Braba, giunse alla corte del Negus.

La Svezia coloniale
Paragrafo a parte merita la spinta coloniale svedese. In contemporanea a quella iberica, anche la popolazione svedese e norvegese cercò nuove terre in cui emigrare. Le trovarono nel cosiddetto Corno d'Africa, dove fondarono nella parte settentrionale Landskrona, Fästning Tre Kronor e Vasaborg; inoltre conquistarono la città di Lindi.

Nel 1556, nell'ambito della guerra a fini commerciali fra le due maggiori potenze mercantili dell'Oceano Indiano, Oman e Gujarat, l'avamposto omanita di Socotra fu distrutto dalle truppe del Gujarat, aprendo la strada alla colonizzazione dell'isola da parte di Granada, che fondò il primo insediamento in pace con gli autoctoni a fine anno. Comunque, la Guerra Indica si risolse quando a fianco dell'Oman intervenne Delhi, che conquistò il Gujarat orientale, obbligando alla pace i contendenti, finendo in parità.

La situazione sud europea di relativa pace terminò bruscamente il 2 aprile 1557, quando l'armata francese guidata da Suvegny attaccò la cittadella guascone di Clapier e contemporaneamente l'ambasciatore francese presentò la formale dichiarazione di guerra.
Il 4 arrivò la risposta da Ismail, che seppur controvoglia, dovette onorare l'alleanza per non perdere prestigio e intervenire a fianco della Linguadoca, non richiedendo però l'aiuto del Songhai. Il 10 anche la Svezia entrò in guerra a fianco della Francia.
I vertici militari non erano molti sereni: molte generazioni non avevano visto la guerra: sarebbe bastata l'organizzazione militare teorica?
La mobilitazione di un primo corpo d'armata di 26.000 uomini più altri 7.000 mercenari bretoni e 2000 Guardie terminò solo a maggio e ne prese il comando Rodrigo Delsez. Intanto i Francesi penetravano sempre più in profondita in Guascogna, vincendo facilmente la resistenza sulla loro strada.
L'esercito si mise in marcia da Pamplona il 6 maggio, per portare soccorso alla guarnigione di Fleurance, città assediata da Suvegny e ultima difesa sulla strada per Auch, il cuore della Guascogna. Una settimana esatta prima, l'esercito locale condotto da Simon Frêche era stato letteralmente sbaragliato a Preignan e l'altro esercito, quello ducale, era bloccato nei pressi di Carcassonne dall'esercito del colonnello des Barres.
Delsez arrivò a Montesquiou, vicino Auch, il 20 maggio, dove si ricongiunse con il restante esercito di Frêche. I due eserciti marciarono su Fleurance, ma la trovarono già libera: Suvegny aveva saputo del pericolo e s'era ritirato a Lectoure, occupando la parte sulla riva destra del Gers. Per evitare sorprese, aveva fatto distruggere ogni ponte sul fiume tra Fleurance a Lectoure ed erigere alti muri da genieri specializzati su ogni guado noto sufficiente per l'artiglieria. Per rendere difficoltoso l'attraversamento da Fleurance aveva fatto allagare il territorio a nord est ed est della città.
Tutte queste precauzioni non potevano fermare i nemici (non aveva truppe per presidiare i punti menzionati), ma li avrebbero certemente rallentati abbastanza per riposizionarsi a dovere nel caso avessero tentato di attraversare il Gers a sud di Lectoure, dove li aspettava.
Albert Suvegny

Delsez, comandante supremo dei due eserciti congiunti, dovette amaramente constatare che non c'era verso di attraversare il fiuma a sud di Lectoure; l'allagamento della campagna di Fleurance non era stato molto radicale, ma trasportare certi pezzi d'artiglieria campale che si ritrovava e in tale quantità (112 cannoni, per l'esattezza, divisi tra Granada e Linguadoca in 25:2; comunque si deve notare che almeno 80 di essi erano colubrine trasportabili da almeno sei uomini e 17 erano di medio calibro), avrebbe dato il tempo alle pattuglie francesi di dare la notizia e anche di controllare la situazione in caso di cambiamenti prima che l'armata avesse completamente passato la zona. Stesso problema per l'attraversamento dei guadi: troppo lento.
Intanto, la flotta delle Baleari (ossia la flotta mediterranea) di al-Tunisi attaccò e sconfisse la squadra francese a Saint-Tropez.
Il ribaltamento della situazione avvenne il 29 maggio: Fernand II ottenne dalla Sardegna, alleatasi con il ducato, 5000 uomini e quindi diede battaglia a Carcassonne, dove riuscì a mettere in fuga gli uomini di des Barres. Lasciando un distaccamento di 3400 soldati per premunirsi in caso di ritorni del colonnello, iniziò una marcia a tappe forzate per raggiungere la Guascogna.
Vistosi in pericolo, Suvegny abbandonò Lectoure per spostarsi a Gimbrède, posizione più facilmente difendibile; di nuovo fece bloccare ogni via d'accesso alla riva destra tra Lectoure e Astaffort, un po' più a nord della sua posizione. Contava di poter prima scontrarsi con Fernand, in arrivo a velocità estremamente sostenuta e poi dedicarsi a Delsez, che non aveva modo di passare il fiume fino a nord di Astaffort.

Rodrigo Delsez

Invece Delsez, contro ogni previsione, riuscì a far ricostruire un ponte di cui erano rimasti i piloni nei pressi di Frandat ai suoi genieri, giunti apposta da Pau, in quattro giorni. In un altro giorno e mezzo, per mezzo di barconi, transitarono i cannoni. Quest'opera lasciò di stucco lo SM francese, mentre Fernand, saputa l'impresa di Delsez, deviò per incontrarlo e arrivare uniti.
Perdendo il giorno di vantaggio che aveva sui granatini, lasciò un giorno in più ai francesi. Il 18 giugno gli esploratori di Suvegny scoprirono un guado non rilevato prima a metà strada fra Gimbrède e Astaffort, l'unico che avrebbe potuto essere usato da Delsez per prendere alle spalle i francesi, se non avesse passato prima il Gers. Di tutta fretta l'armata passò alla riva sinistra, posizionandosi un po' indietro rispetto al guado attraversato.
Alla fine, le armate giunsero faccia a faccia il 21. Suvegny schierava 34000 uomini affamati ma motivati e 45 cannoni (molti di questi catturati alla Linguadoca); Delsez 32.000 uomini (1000 erano rimasti indietro a causa della malaria incontrata a sud) rifocillati e ben armati, ma senza esperienza pratica e 103 cannoni; Fernand 14000 uomini veterani ma stremati dalla marcia veloce e 20 cannoni.
La Battaglia del Gers iniziò alle luci dell'alba. Il piano di Suvegny prevedeva di nascondere un quarto dell'esercito nella foresta vicina e posizionare il restante 200 m arretrato rispetto al guado: quando i nemici avrebbero attraverso il fiume e si sarebbero spinti avanti per lo scontro, sarebbero stati presi d'infilata da sinistra; per un ulteriore effetto, nascose dietro un terrapieno mimetizzato da una siepe dieci cannoni.
I generali dell'opposto schieramento temevano la trappola del bosco e di nuovo venne in aiuto il nuovo corpo del genio campale. I loro gruppo comando elaborò uno stratagemma: avrebbero reperito delle chiatte lì abbadonate e dei volontari si sarebbero spinti fino alla riva opposta con degli otri di pece da incendiare e lanciare nel bosco: la primavera era stata secca e non avrebbero avuto problemi a dar fuoco agli alberi.
All'alba i tre pezzi d'artiglieria granatina dalla maggior portata furono portati sulla riva e iniziarono a sparare per saggiare lo schieramento nemico.
Alle 7.30 circa i genieri furono pronti e l'incendio fu attuato. I soldati nascosti, ligi all'ordine di non sparare fino a nuovo ordine, non si fecero individuare dai volontari incendiatori e alle prime fiamme si capì che era inutile rimanere in mezzo agli alberi: ritornarono al loro schieramento.
Suvegny non si perse d'animo e mantenne la posizione. Poco prima dell'aurora aveva elaborato un altro piano: mandò una quarantina di uomini a nascorsi nel fitto canneto con alcune barchette imbottite di tritolo che galleggiavano a pelo d'acqua (dei brulotti, diremmo oggi): quando l'esercito avrebbe iniziato il transito, avrebbero dovuto mandarle addosso approfittando della corrente favorevole.
Nonostante la stanchezza degli uomini, Delsez ottenne che l'esercito di Fernand fosse l'avanguardia. I suoi uomini attraversarono il fiume senza trovare resistenza e subito dopo gli altri cannoni iniziarono la traversata, fiancheggiati da 500 fanti castigliani.
A quel punto i soldati nel canneto accesero le micce e spinsero i brulotti, ricoperti di frasche, verso lo stretto guado. Per distogliere l'attenzione da quegli strani cespugli galleggianti, Suvegny inoltre fece avanzare alcuni suoi pezzi per bombardare ad alzo 40 appena dietro la linea formata dagli uomini di Ferdinand. Quasi senza che se accorgessero, le armi giunsero vicinissime ai soldati in marcia ed esplosero tutti 35 tranne 2, che si erano troppo bagnati. Fu una strage: tutta la colonna destra di fanti cadde, tutti i cannoni medi andarono persi e la confusione si attizzò per tutto l'esercito.
Gli artificieri francesi approfittarono del caos per prendere alcuni moschetti lasciati all'asciutto, sparare una salva e prima di essere localizzati fuggire verso le loro linee.
Fino alle 11, ci fu lo stallo. Fernand non poteva avanzare e i genieri dovevano con l'aiuto della fanteria leggera sgomberare il passaggio.
Il morale dei granatini era a pezzi e Delsez dovette più volte passare il guado per far vedere che era di nuovo sicuro. Nel primo pomeriggio la restante artiglieria fu schierata davanti ai francesi alleati e Suvegny schierò la sua, per uno scambio di tre ore. L'artiglieria borbonica superava in potenza quella nasride e linguadochese, ma questa era superiore in rateo di tiro e complessivamente era più efficace. Dopo tre ore i cannoni francesi tacquero, poiché gran parte della polvere da sparo era stata usata per i brulotti: sotto il fuoco, furono trasportati a ridosso dei picchieri per creare un ulteriore sbarramento. Per altri 30 minuti le colubrine spararono.
Finite le munizioni messe a disposizione dal sovrintendente in campo dell'artiglieria, iniziò la marcia dell'armata. Al centro c'erano i picchieri del duca e di Frêche, schierati su nove linee davanti agli archibugieri; alle ali la fanteria pesante granatina, su sette linee più tre di archibugieri, l'ala destra era divisa fra iberici e bretoni. Dietro gli archibugieri francesi trovavano posto i fanti sardi e dell'Armagnac. La fanteria leggera era ai lati, al seguito delle truppe da tirono, mentre la cavalleria fiancheggiava la fanteria. All'ordine, due file di archibugieri avanzarono in mezzo alle picche e la cavalleria pesante si appropinquò al piccolo trotto verso i cavalieri francesi, in arrivo da entrambi i lati. La cavalleria sul lato sinistro, però, arrivò obliqua, così da permettere all'artiglieria nascosta di sparare una prima micidiale bordata contro la formazione nemica, sorprendendo tutti. Continuò così fino a quando ebbe munizioni, cioè dieci colpi, flagellando il lato sinistro. Conscio di questo, Suvegny aveva rafforzato la cavalleria sul lato destro, che seppur a prezzo di gravi perdite, mise in fuga la sua controparte. La cavalleria tentò una carica, ma fu fermata dal fuoco degli archibugi, ritirandosi; la situazione numerica alla fine era di parità.
La fanteria francese, assottigliata dal bombardamento, aspettava pronta dietro i cannoni e le ridotte maciullati. A tiro, iniziarono i colpi d'archibugio. Quelli granatini sparavano e ricaricavano in movimento, a file alterne, con tutti e tre i ranghi oltre le picche e quelli della Linguadoca si posizionarono davanti ai loro compagni per sparare da fermi. Cinque passi prima del contatto fra le picche, uscirono da dietro le linee i fanti pesanti senza piccha e i fanti leggeri, che dovevano scompigliare i ranghi nemici.
La battaglia alla fine infuriò, in una mischia che non aveva nulla di tattico, ma alla fine la preponderanza numerica e l'impetuosità del centro alleato fecero cedere i francesi. Quando i comandanti s'accorsero che tutte le bandiere del gruppo comando erano issate al contrario, bloccarono non senza fatica l'inseguimento e Suvegny potette parlamentare. Ottenne di poter far ritirare in pace i suoi uomini, disarmati, fino al confine e si propose come ostaggio per garantire l'assenza di ulteriori azioni del suo esercito e scrisse una lunga lettera per informare il suo re.
Delsez accettò e si fece consegnare armi, armature e stendardi.
Terminò così la campagna guascone, con un bilancio complessivo di 4000 morti (compresi quelli posteriori alla battaglia) e 600 feriti sopravvissuti, più 240 dispersi da parte francese, mentre gli altri contarono 2790 morti, 500 feriti e 20 dispersi.

Granada a inizio secolo

La Grande Pace: 72 anni di tranquillità.
Per quasi tre quarti di secolo, escludendo le guerre coloniali, i re nasridi non dovettero condurre alcuna ostilità e anche l'Europa fu relativamente tranquilla.
Circa cinque anni dopo la vittoria sulla Navarra, Muhammad fu oggetto di una crisi mistica, che lo portò a cambiare stile di vita, divenendo un musulmano devoto e meno laico nella vita privata. I motivi di questo cambiamento sono tutt'ora inspiegati, nonostante numerosi studi. Nel 1491 istituì la Compagnia Statale per La Diffusione della Religione Islamica, facendo riemergere lo spirito proselitico della sua religione. Eppure, non fu una totale presa di potere dell'Islam: rimase la libertà religiosa non vincolante ad alcuna professione, non reistituì la tassa per gli altri credenti, si limitò a incentivare i missionari. In sei anni le missioni ebbero buon esito in Galizia e in Toscana, portando a conversioni di massa, ma furono ostacolate grandemente dai baschi di Navarra, con vere e proprie sommosse nei casi più gravi. Dopo numerosi tentativi infruttuosi, Muhammad desistette. Si spense nel 1509, a solo 50 anni, probabilmente per un tumore. Gli succedette il figlio Yusuf, nato nel 1477, divenendo Yusuf VI.
Sotto il suo governo, nel 1510, avvenne la grande riforma giudiziaria, mettendo in mano il potere giuridico non a una corte giudiziaria di pari ma a due organi definiti in ogni provincia: un consiglio legale e in questo era eletto un giudice capo.
Nel 1512 la Linguadoca, senza chiedere aiuto ai propri signori, conquistò la Guascogna, che era stata occupata dall'Inghilterra nella nuova guerra ma era stata lasciata sguarnita; nel 1516 con una nuova campagna, Louis II prese pure il Poitou, difendendolo dagli attacchi britannici e ottenendo le terre conquistate con la pace di Brest. Successivamente, il generale francese Joseph d'Artois partendo da Ghent attaccò e conquistò, dopo la battaglia di Etten-Leur, il Brabante occidentale, lo Zeeland e Utrecht, tra 1521 e 1524, respingendo tutte le armate inglesi; il fratello François sbarcò nel Pas-de-Calais e occupò la città prendendola alla sprovvista arrivando da nord ovest. Henry VIII fu allora obbligato a firmare la pace, tenendo sul continente solo l'Olanda con Amsterdam, ma in compenso represse l'ultima resistenza irlandese del Leinster e creando la nuova flotta inglese respinse un'invasione tedesca dalla Frisia, che Christian I aveva tentato per approfittare della presunta debolezza e consolidare la potenza mercantile dei suoi sudditi olandesi.
Nel 1511 il regno di Navarra conquistò nella guerra contro gli Ziyanidi la Provenza, ma si scinderà nei ducati di Bretagna, Piemonte-Savoia e Provenza nel 1557 per la crisi di successione.
A partire da metà anni venti, inoltre, Polonia e Ungheria dovettero far fronte a spinte indipendentiste in parte dei loro territori. L'Ungheria dovette dare l'indipendenza all'Ucraina e alla Prussia, nuovo potere contro il nuovo ducato di Curlandia, mentre la Polonia sì riuscì ad impradronirsi di tutte le terre del duca di Creta tranne la Ionia, occupando così buona parte della Grecia non ancora nelle sue mani, ma dovette lasciare libere la Pomerania, la Croazia, la Valacchia, la Moldavia e la Bosnia.
Nel 1513 avenne un nuovo contatto di civiltà: l'impero Songhai, diviso in due dal Benin, partendo dai territori a nord di Timbuktu, iniziò un tentativo di espansione nel deserto e sull'Atlante, fondando prima alcune comunità autocratiche, poi una serie di avamposti fortificati in quelle regioni quasi disabitate man mano che ci si spingeva a nord. Alla fine, questa direttiva fu lungo le antiche vie commerciali che erano state interrotte dai conflitti nella regione e presto pattuglie dell'esercito granatino, spingendosi all'interno, entrarono in contatto con i forti del Songhai. Nel 1514 la prima missione ufficiale partì da Marrakech e arrivò alla corte del re del Songhai.
L'Impero, subentrato a quello del Mali, era stato molto indebolito nelle guerre contro l'impero del Benin, era rimasto diviso in due: a occidente, dall'Awdagost a Jenné e a oriente Gao, Timbuktu e la serie di presidi del deserto: in mezzo vi erano miglia e miglia di deserto impercorribile.
Nel 1517 Martin Luther iniziò il famoso processo di riforma, inutile dilungarsi su questi eventi già conosciuti. L'attuale imperatore del SRIG, Maximilian II riuscì a evitare il processo di disgregazione religiosa ignorando gli appelli del papa, che arrivò a minacciarlo di scomunica (ma non lo fece, perché Napoli era alleata dell'Impero), dando piena libertà religiosa ai suoi sudditi. Tutta la Scandinavia, la Slesia, il Baltico aderirono al protestantesimo. Nel 1557 inoltre, i conti lituani di Bulgaria portarono la nuova fede oltre che in Bulgaria, appunto, anche ad Antalya, che avevano conquistato; Astrakhan, con una forte presenza svedese retaggio della corsa al Caspio che 50 anni prima aveva visto Svezia e Ungheria come concorrenti, fu portata anch'essa alla nuova religione. Successivamente a Luther anche l'Inghilterra si staccò da Roma, subendo poi i conflitti di Mary I. Con le teorie riformiste di Zwingli e Calvin anche i Paesi Bassi, la Svizzera e la Francia meridionale si convertirono. Anni dopo, con il termine del Concilio di Trento si tentò di riformare la Chiesa Cattolica, ma a questa nuova chiamata solo i ducati di Austria e Stiria, che si erano ribellati all'Ungheria, risposero.
Negli anni contemporanei ai cambiamenti religiosi europei, l'Impero Ottomano si ingrandì notevolmente. Conquistò i Balcani, togliendo la Grecia settentrionale e il Kosovo alla Polonia, che a sua volta li aveva ottenuti annettendo il ducato di Creta e Ionia. Travolse le due Bulgarie, quella caucasica e quella balcanica, prendendo la Rumelia, la Dobrudja, Rodi e Cipro e l'Azerbaijan. Dichiarando guerra ai Timuridi, conquistò tutto il restante Caucaso; nel 1585 intimarono al Mamelucco Tumanbeg di sottomettersi: al suo rifiuto fu ucciso e l'Egitto, che s'era appena sollevato dalla sovranità nubiana, fu annesso allo stato turco. Sessant'anni prima, con la guerra con l'Aden gli Ottomani avevano spinto l'emirato a sud fino allo Yemen, entrando vittoriosi alla Mecca. Nel frattempo, avevano preso possesso dell'Iraq e della Siria, vassalli di un altro Timuride.
Ma qui è il caso di precisare qualcosa circa i vari "imperatori timuridi" che si trovavano all'epoca.

Digressione
Con la caduta dell'Impero Timuride, molti nobili avevano formato regni indipendenti e tutti si definivano i veri eredi di Timur. Quello riconosciuto da più stati era il khan di Samarcanda, che regnava anche su Termez: fu indebolito nel 1539 quando lo stato tajiko di Ferghana si scisse. Cadrà nella seconda metà del 1700.

Il khan di Bashkiria, che dominava su una grande estensione territoriale delle steppe a nord del Caucaso fra Volga e Caspio, cadde lentamente a partire dal 1590 contro Russi e Turchi, finendo nel 1730 eliminato dai primi.

Un altro era il sultano di Kirkuk, che direttamente o no era arrivato a dominare il Medio Oriente fra Egitto, Anatolia e Persia, più Mekran. Gli Ottomani lo limitarono grandemente, quando nel 1614 lo fecero scindere fra due fratelli e nel XVIII secolo cadde Bassora, ultima città del sultano.

A nord era rimasto il khan di Karelia, che dominava anche la Kola. Durante la Guerra dei 5 Anni arrivò a invadere la Finlandia orientale, ma nel 1600 cadde sotto la riscossa svedese, la campagna tedesca partita dall'Ingermaland e la controffensiva russa alla sua campagna verso Olonets.

Altri khanati minori furono quello di Budjak, che non arrivò mai a conquistare tutta la Bessarabia ma resistette ai Turchi fino al 1623 e l'incredibilmente longevo khanato di Velikie Luki, che resistette a Polacchi, Lituani e Russi fino a metà del 1700.


Fine digressione

Nel 1530 morì Yusuf VI e salì al trono il figlio Muhammad XIV.
Con la clamorosa sconfitta dell'Aden, Granada interruppe tutti i suoi rapporti e velocemente stipulò un trattato di passaggio con gli Ottomani, cercando di migliorare le relazioni. Si legò in un'alleanza con lo stato africano del Songhai, perché la politica estera si spostò verso l'Africa: il Sinai s'era dimostrato troppo labile. Due anni dopo fu approntata una seria spedizione per circumnavigare l'Africa; il prescelto fu l'ammiraglio Rasul bin Dirar con il suo secondo, Enric Suárez. Furono assegnati loro venti vascelli, avrebbero dovuto viaggiare fino alle terre degli Xhosa, cioè fino a dove ricominciava la costa africana conosciuta e possibilmente esplorare anche oltre verso oriente. Partirono da Gibilterra il 2 giugno e iniziarono l'esplorazione; potendo esploravano anche l'entroterra. Questa spedizione tornò dopo ben 5 anni di esplorazioni, con un bilancio complessivo delle perdite di quattro navi, più altre due mandate indietro per portare i resoconti delle scoperte. Avevano viaggiato, esplorando ben oltre la costa, venendo a conoscenza anche del regno del Manikongo e scoprendo anche le isole di Mahe, Bourbon e Mauritius, oltre alle coste del Madagascar. Il suo prestigio fu altissimo e tre anni dopo con tre navi partì verso ovest di nuovo, scoprendo le Azzorre.

Anni dopo il continente europeo verrà a conoscenze di altre nuove terre, questa volta a occidente, grazie a Humphrye Gilbert, fratellastro di Raleigh, che scoprì un nuovo continente; sulle prime, scoprendo le isole caraibiche, pensò che si trattassero delle Indie, ma poi in successivi viaggi che lo portarono a nord e a sud, capiì che era un nuovo continente. Molti altri esploratori ne avevano ipotizzato l'esistenza, tra cui un mercante italiano, Amerigo Vespucci. Avendone letto le opere, battezzò la terra America (un'altra ipotesi fa risalire il nome al figlio di un mercante di Bristol, James Amerike, che derivò il cognome dal patronimico del padre Richard, ap Meryk e che sembra sia stato il capitano della prima nave ad avvistare terra).

Comunque, subito dopo il ritorno in patria della spedizione di ibn Dirar si procedette a una campagna di informazione nel paese per invogliare all'insiediamento nelle nuove terre scoperte. Alla spicciolata, in gruppi di poche decine, soprattutto contadini dalla Galizia e dalla Murcia, si stabilirono sulle coste e lentamente anche all'interno dal sud del Marocco fino ai confini con i popoli di etnia Akan.

Yusuf VI, comunque, non ebbe mai un grande amore per le donne e da sua moglie ebbe un solo figlio, che morì a 5 anni. Quando perì nel 1530, salì al trono il fratello minore Muhammad (XIV), che sposò la seconda sposa e vedova e che era assolutamente l'opposto del fratello: ebbe da lei e dalle altre mogli (riadottò la poligamia) 14 figli.
Fervente sunnita, tentò di introdurre norme restrittive per i fedeli di altre religioni, ma dopo un anno di prova s'avvide che ciò avrebbe strozzato l'economia, pertanto ritornò alla libertà assoluta. Sotto di lui, la colonizzazione indiana procedette come già visto e quella costiera dell'Africa arrivò fino alla Casamance; si adoperò per promuovere l'opera missionaria, con successo; anche le Azzorre furono colonizzate e nel 1548 vi fu introdotta la barbabietola da zucchero. Nel 1550 l'isola di Fernando Po, chiamata così dai Portoghesi che vi si insediarono, divenne l'avamposto più meridionale del regno.
Nel 1541 salì al trono di Linguadoca Fernand II: questi iniziò subito una politica di attrito con Granada rifiutandone alcune imposizioni, sperando di essere attaccato e quindi di provocare l'intervento francese, per cui quel ducato cuscinetto era importantissimo e quindi approfittarne, ma non riuscì prima del 1557 a vedere risultati.
Il 15 aprile 1542 la Compagnia del Sinai, avendo perso il traffico a causa della nuova via a sud, fallì. Era stata gestita in società dai Rurikovic e dai Salàzar.
Nel 1555 Muhammad XIV morì: gli succedette il figlio Ismail III.

Le colonie

Nei tardi anni '80 un nuovo problema minava la stabilità statale. Le regioni portoghesi avevano conosciuto un enorme incremento demografico negli ultimi anni e anche spostandosi per la nazione, le opportunità di lavoro per la nuova generazione mancavano. Dovevano trovare nuovi posti in cui andare.
La soluzione fu data dall'ambasciatore a Vijayanagar: le popolazioni Tamil dell'India meridionale stavano arretrando dalla costa a causa dei numero attacchi pirati dall'Arakan. Madras era quasi spopolata e in assetto militare; Madurai doveva accogliere continui profughi. Chiunque avrebbe dimostrato di saper resistere ai razziatori avrebbe potuto di fatto stabilirsi sulle coste abbandonate. Iniziò così l'avventura di 6700 giovani portoghesi con le loro famiglie al seguito (portando circa a 13000 circa gli emigranti), che al comando di Patricio do Faro e con la supervisione di Miquel Rodrigues (il cui ufficio si occupava della mediazione in loco) partirono tra il 1488 e il 1491 verso l'India, attraversando il Sinai, arrivando come soldati con famiglia pronti a stabilirsi nelle terre abbandonate e difendersi dalla piaga.
Le 34 navi comprate dall'Oman, che aveva attraversato un periodo di grave crisi dovuta alla bancarotta, caricavano i gruppi familiari e li scaricavano a Madras, da cui partivano per occupare gli antichi villaggi che non erano ancora stati distrutti dai pirati.
I primi 246 esuli si stabilirono nella cittadina costiera di Negapatam, in cui si difesero pochi mesi dopo il loro insediamento da un gruppo di razziatori sbarcati nelle vicinanze, mettendoli in fuga e lo stanziamento dei Portoghesi (a cui si aggiunsero alcune comunità di Arabi che fuggivano dall'epidemia di colera scatenatasi in Oman) continuò sempre nelle stesse zone, per difendersi meglio, fino a quando nel 1490 Patricio do Faro, comandando 1030 coloni (di cui 354 a cavallo), due cannoni e altri 6000 circa Tamil che erano tornati alle loro vecchie case vicino ai nuovi arrivati amichevolmente grazie alla mediazione di Rodrigues, attaccò la roccaforte di Thoothkudi, sede avanzata dei pirati birmani. L'attacco andò a buon fine, grazie a quattro navi pesantemente armate sul modello portoghese costruite nell'arsenale di Cuddalore che impedirono la fuga: quell'azione indusse i pochissimi scampati e i loro compagni a non attaccare più quelle terre. Col tempo le varie comunità autoctone accettarono il nuovo dominio granatino, a patto di poter mantenere la loro identità culturale; col tempo i Porgohesi si mischiarono ai Tamil, dando così via a un'etnia meticcia chiamata Portrumil.
Nel 1492 Rodrigues fu nominato governatore dei possedimenti indiani e do Faro divenne il generale, inquadrando al modello patrio le nuove truppe locali.
Nel 1493 arrivò un nuovo ordine da Granada: si doveva conquistare anche il Kerala, che difficilmente si sarebbe sottomesso volontariamente a degli invasori. Fallite le trattative diplomatiche con la città di
Thiruvananthapuram (Trivandrum), importante centro meridionale, finita la stagione delle piogge un esercito di 16000 uomini e 23 cannoni, traportati da elefanti, iniziò la conquista dell'ovest. Batterono l'esercito quasi doppio di numero nella Battaglia del fiume Karamana e tre giorni dopo entrarono tramite chiatte armate lungo lo stesso fiume a Trivandrum e con la stabilizzazione del dominio nel sud del Kerala arrivarono nuovi coloni, specialmente arabi e berberi di Orania. Nel 1495 una nuova armata mosse a nord per conquistare la grande Kochi; do Faro riportò una grande vittoria sui difensori alle porte della città e la conquistò dopo sei settimane, facendola incendiare. A maggio Miquel Rodrigues morì di malaria, che si era diffusa a Trivandrum e al governo gli succedette il suo naturale erede, Patricio do Faro. Questi si trovò a dover fronteggiare un movimento di resistenza interno, capillarmente distribuito. Questi gruppi di resistenti ostacolavano sia i movimenti delle truppe sia l'insediamento dei coloni. Per un anno si usarono metodi di repressione tradizionali, cercando i ribelli con l'esercito sperando di poter dar battaglia, ma visti gli scarsi risultati, mandò una lettera a Muhammad XIII, chiedendogli come fare per combatterli. Scarna la risposta del re: "Fate come credete opportuno".
Do Faro prese il consiglio alla lettera e adottò misure severissime. Reclutò squadre armate frai nuovi coloni, quindi specialmente arabi e berberi, che con l'aiuto di reparti Tamil dell'esercito avevano il compito di incendiare, distruggere e saccheggiare ogni abitato nei pressi di qualsiasi azione dei ribelli, risparmiando i villaggi e le città che davano appoggio ai conquistatori lasciando entrare le loro truppe, fornendo guide e perseguendo i ribelli catturati (ovviamente anche queste erano sotto la minaccia di ritorsioni in caso di tradimento). In caso di resistenza prolungata o azioni particolarmente gravi, l'esercito regolare, portoghese e portrumil, cannoni compresi, intraprendeva campagne di devastazione, che radevano al suolo e uccidevano tutto ciò che trovavano nell'area di azione. Do Faro sapeva che poteva tenere un pugno di ferro senza dover temere la mancanza di foraggiamenti o sconfitte schiaccianti dei suoi uomini. Si continuò così per sei anni di terrore: villaggi e città vennero dati alle fiamme o addirittura cannoneggiati. Tutto ciò di depredabile era preso, gli ex possessori uccisi senza distinzione di sesso o età (anche se però le donne più giovani spesso erano portate a forza nelle basi operative e obbligate a prostituirsi) e la campagna veniva devastata. Per i primi tempi questa strategia fu usata solo per far uscire allo scoperto i ribelli, ma poi divenne sistematica.
Patricio divenne noto in tutto il mondo come "Il bel demonio cristiano -era uno dei pochi portoghesi cattolici-" e si arricchì enormemente; dai suoi uomini era amato, ma per gli abitanti del Kerala divenne il sinonimo di terrore; unica sua preoccupazione fu quella di far depredare ma non distruggere i templi.
E' sicuro che Muhammed e il governo ne fossero a conoscenza: esistono decine di carteggi fra il re e il governatore che raccontano puntigliosamente le azioni coloniali e l'assenso incondizionato del sovrano.
Morì assassinato da un resistente nel 1502 e ciò provocò la devastazione di 134 villaggi di piccola e media grandezza. Si calcola che sotto il suo governo, fra civili e armati siano morte 421.000 persone e ne siano fuggite almeno il doppio, un genocidio senza pari, che rese quelle terre una terra libera per migliaia di coloni. Morì senza molto dolore dei suoi governati.
Suo successore fu un Portrumil acquisito (cioè, un portoghese naturalizzato Tamil), il cui nome riferitoci era João Braba. Questi allentò grandemente la durezza del governo, riportandolo a livelli normali e verso gli ultimi anni risarcendo le famiglie superstiti delle vittime. Portò l'espansione alla guida di una spedizione che conquistò lo stato di Goa, con una forte componente araba all'interno della città di Panaji e sottomettendo con molta fatica la popolazione dello Sri Lanka occidentale, nel 1523.
La conquista fu completata dal nipote, Amalan Braba, che ottenne con la minaccia di un conflitto, il dominio su Pondicherry nel 1530.

Muhammed XIII, la fine della Guerra Moresca e la conquista di Pamplona

Prima cura del nuovo re fu di incoraggiare i suoi 5000 soldati regolari, che avevano perso spirito rispetto ai loro colleghi mercenari. Tenne una decina di discorsi alle truppe e le fece manovrare nei campi d'addestramento parmensi. Come ultima azione dell'anno, fece sbarcare i 7300 mercenari a cui stava per terminare l'ingaggio in Lunigiana, occupando La Spezia e conquistando i forti di S. Maurizio e S. Cristoforo, che difendevano la via d'accesso principale all'Appennino Ligure dalla Toscana. Un inverno piuttosto freddo seguì e non permise alcuno spostamento di truppe. Intorno ad aprile le condizione meteorologiche ritornarono favorevoli e le truppe di Muhammad marciarono per occupare la regione. I forti confinari furono isolati distaccando alcuni battaglioni sulle loro d'approvigionamento, fortificandosi in vista di probabili contrattacchi. Senza troppi intoppi l'armata giunse ad assediare Genova il 22 aprile, chiudendo ogni via di comunicazione (durante l'inverno le galee di Queirolo avevano sfidato il mare per rifornire la Provenza, assediata da un nuovo contendente, la Navarra, entrata in guerra a ottobre, ma col miglioramento del tempo il blocco era ripreso) e la città capitolò senza opporre resistenza il 13 giugno, per evitare i massacri.
L'esercito di D'Orlandi, che aveva dovuto tornare sui suoi passi e cercare di sfondare le difese sul Po, a giugno riuscì a passare il fiume e minacciava Milano, l'unica città fortificata nella regione passato il confine. Per richiamare truppe, l'emiro decise con grande sofferenza di cedere tutti i territori conquistati a Granada. Il popolo, come non aveva opposto resistenza decenni prima non lo fece neanche in quel cambio di governo.
Due settimane dopo il grosso dei mercenari riscosse la paga e andò per la propria via. Duemila restanti furono usati come corpo di occupazione in Italia. Le compagnie mercenarie però furono immediatamente ingaggiate dalla limitrofa corte di Torino, sede del frammentato regno di Navarra.
Il re, Fernando IV, aveva intenzione con una manovra veloce a approfittando della scarsità di mercenari in Europa, di attaccare i possedimenti pireneici di Granada per creare un corridoio comunicante con la Francia per l'antica Navarra, énclave da anni isolata e in costante pericolo, la cui popolazione era tenuta costantemente sotto le armi.
Nel 1485 allora l'esercito navarrese invase il Bearn marciando verso Pau. L'assediò e la città poco fortificata caddè in sette giorni. La situazione per Muhammad era piuttosto critica: non si trovavano mercenari e per richiamare gli abili alle armi già addestrati sarebbe costato troppo tempo. Pertanto, fu obbligato contro il parere del Ministro Abu Ya'qub a corrompere i mercenari con una cifra enorme (alcuni parlano di 75.000 ducati d'oro). Questi accettarono subito e si misero in marcia per attaccare la Navarra dei loro ex clienti. Muhammad potette così schierare 6000 Baschi sunniti di Bilbao contro i Baschi cattolici della Navarra, che sconfissero. Il 1 agosto 1485 Muhammad entrava a Pamplona, obbligando i precedenti padroni a cedere quella provincia, che in realtà era considerata come un cancro dalla capitale, dato che era savoiarda-bretone.
Di certo fu un'altra importante vittoria per il regno, ma il prestigio di Muhammad XIII calò grandemente dopo l'azione sulla strada per Hendaye che con un sotterfugio in denaro pose al suo servizio 15000 uomini.
Battaglia di Fornovo, 1483: D'Orlandi respinge la controffensiva di Silvani in una regione del Parmigiano in cui le truppe di Granada non s'erano spinte.