sabato 18 novembre 2006

L'intraguerre


Nel 1342, grazie ai risarcimenti di guerra, Yusuf potette investire parte del bilancio nella costruzione a ritmo veloce del palazzo di Granda, che si prefissò di farlo completare entro cinque anni. Nel 1342 nacque la prima figlia, Najiba, si dice che fu la figlia che Ysuf amò di più. Qualche mese dopo ebbe da una sua seconda moglie (anche se non compaiono altre mogli oltre a Malek, forse aveva adottato alcuni usi dei suoi vicini) il figlio Salman, che però riconobbe subito come suo. Questi sarà uno dei più famosi figli di Yusuf che, sebbene un parvenu, fu messo in linea di successione appena dopo il fratellastro Malik.
Ma, nel 1345, la tragedia: Najiba, colei per cui Yusuf nutriva grandi speranze, morì. L'emiro cadde in una depressione profonda; per un anno si ritirò dal governo e dalla famiglia, lasciando lo stato ai suoi delegati. Da quanto narra un tale Halil Khoury, Yusuf si ritirò nella sua palazzina di caccia andalusa. Questo periodo di vicari durò solo un anno, per fortuna dello stato. Infatti, nel suo eremo, probabilmente grazie a un suo servitore, Yusuf scoprì le gioie del rababa, uno strumento a corde simile al violino come principio. Fu la cura migliore alla sua depressione: tornò in primavera a corte di sorpresa, tornato come nuovo e da allora non si separò quasi mai, salvo lunghi viaggi o campagne militari, dal suo rababa. Per questo fu conosciuto, in patria e all'estero come "l'emiro musico". Alcuni storici ipotizzano anche che abbia composto, ma di questo non siamo sicuri.
Per "celebrare" il suo ritorno, fece costruire un grande cantiere navale ad Algeciras e ingravidò Malek.
Tra luglio e settembre, poi, l'Andalusia settentrionale e Siviglia assistettero a una conversione di massa della popolazione in musulmana. Sorsero numerosi movimenti che volevano distruggere tutti i precedenti luoghi di culto cristiani, ma Yusuf li fermò e fece ricostruire buona parte di cosa avevano già distrutto, più una nuova accademia militare per i futuri professionisti ad Almeria. Il 30 settembre 1346 Alfonso di Castiglia morì, lasciando sul trono il figlio di sette anni.
In inverno, era ancora formalmente alleato di Pere (Pedro) d'Aragona, ma non si può dire che corresse buon sangue tra di loro. Quando, infervorato dal richiamo del Papa Pere partì alla volta di Antiochia e i Marinidi ne approfittarano per dichiarare guerra, Yusuf si ritirò dall'alleanza e anzi incoraggiò i Marinidi finanziandoli in piccole quantità. Questa guerra durò sette anni e al secondo anni si aggiunsero ai Marinidi gli Hafsidi di Tunisia. Gli eserciti sbarcati a Denia iniziarono la loro marcia, contrastati solo dalle poche milizie locali e dai soldati del fedele re di Maiorca. In quei sette anni, una volta tornati gli eserciti aragonesi, le città di Valencia e Castellon furono conquistate alternativamente quattro volte, tre volte Barcellona, Sarragozza e Albarracin, due Tarragona, mentre le Marche Spagnole e la Catalogna furono conquistate definitivamente, senza alcuna espansione precedente, solo al sesto anno di guerra. Al quarto anno, il re di Maiorca fu costretto a ritirarsi a Rossiglione, dato che gli Hafsidi sbarcarono nelle Baleari e poi cinsero d'assedio la sua ultima roccaforte continentale. Pere d'Aragona fece pace coi Mamelucchi, ma non potette ritirarsi tranquillamente nei suoi fedi greci, dato che un corpo di spedizione marinide espugnò pure quelli. La corte aragonese fu costretta all'esilio su una piccola isola del delta nilotico che aveva conquistato durante la crociata e che il re mamelucco gli aveva lasciato.
Durante questo periodo, precisamente nel 1349, gli sceicchi di El-rif e Ceuta -possessori tra l'altro delle città di Jaca, Urgelle e delle importantissime Valencia e Castellon- si ribellarono al dominio marinide. Yusuf colse la palla al balzo e offrì loro il vassallaggio in cambio della protezione contro i loro ex-padroni. Accettarono.
A quanto pare, nel 1350 apparve per la prima volta la peste nera, che da anni guà imperversava in Asia minore e Balcani nella Penisola Iberica, precisamente a Cadice.

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