domenica 19 agosto 2007

La seconda guerra del Rajput

Come già detto, nel 1713 Pabuji Shekha approfittò delle spese che stava sostenendo Granada per disfarsi dell'80% delle guarnigioni turche e persiane nel suo regno (e Granada si tolse il peso del loro mantenimento). Però, finita la guerra, il Consiglio e il ministro degli esteri chiesero al re di far ritornare i soldati in Marwar, poiché gli agenti sul luogo avevano segnalato numerosi incontri fra i raja e volevano prevenire il prevenibile. Nonostante l'opposizione del Tesoro, Ismail accettò di rioccupare alcuni presidi, mandando nel 1720 gli ausiliari ancora presenti in Sindh o Gujarat.

Il raja non era d'accordo e impedì col suo esercito agli altri soldati di raggiungere i forti. Non sapendo come agire, i contingenti fecero dietro-front. In breve tempo arrivò il messaggio che i regni di Marwar, Ajmer e Udaipur si alleavano di nuovo per combattere Granada. Le guarnigioni ancora presenti, dipendendo dai rifornimenti esterni, in circa una settimana vennero sconfitte e gli occupanti mandati ai lavori forzati.
Il governatore Vasco Braba dovette decidere autonomamente, dato che le comunicazioni con la capitale impiegavano molto tempo anche tagliando per il Sinai. Comunque, il servizio informativo segnalava che le armate di Ajmer e Udaipur da 20-30.000 uomini si erano appena messe in marcia per congiungersi a quella di Marwar da 50000 uomini. L'unico modo per evitare l'invincibilità degli alleati era combattere le armate separatamente. Delhi e l'Impero Ottomano non potevano intervenire.

Il nuovo sistema d'arruolamento non era già stato introdotto in tutto il regno e in Gujarat, per esempio, rimaneva il sistema della leva. I sultani del Gujarat però non avevano un apparato di arruolamento rapido e, di norma, non rispondevano solertemente ai loro dominatori. Ma un evento fu d'aiuto al governatore. Un giovane nobile gujarati, in visita presso un Rajput musulmano, ebbe un contenzioso con un altro nobile del luogo ed era stato ucciso. Il fatto fece calare drasticamente le relazioni fra aristocrazia del Gujarat e Rajput e fomentò lo "spirito di corpo" trai nobili, che era nato sotto l'ultimo sultano. In brevissimo tempo, le milize del Gujarat furono pronte per essere mandate al massacro.
Una cosa che però Braba non sapeva era che nella precedente guerra le perdite dei Rajput erano state molto elevate, così che Pabuji dovette aumentare il numero di guerrieri al di fuori della casta guerriera (Jat, Charan ecc...), che aveva addestrato a combattere in stile rigorosamente europeo, mentre il nucleo dell'esercito non cambiò armi e tattiche.
Tre mesi dopo la dichiarazione di guerra arrivarono le divisioni di Maratha (che rientravano nei soldati professionisti) e Tamil, con la divisione di fanteria della Guardia mandatagli dallo zio.

La battaglia di Selwasan
La decisione di Braba di prendere lui stesso il comando fu probabilmente dettata dalla ricerca di gloria, poiché nel conflitto precedente era stato scartato a favore di Bhosle. La storiografia ha esagerato le qualità nascoste del governatore, che si rivelò un buon comandante ma nulla di eccezionale, rimanendo attaccato alle concezioni d'accademia militare.
Comunque, mantenne un importante Stato Maggiore, mettendo al comando dei propri popoli rispettivamente Shoba Perumal (con la divisione della guardia, 1 di cavalleria e 3 di fanteria più due brigate d'artiglieria e una di genieri) e Rajaram, il figlio di Shijavi, che aveva due divisioni di fanteria con due brigate d'assalto e una d'artiglieria. Braba ebbe il comando diretto su circa 25000 soldati del Gujarat e 10000 del Sindh, per un totale di 80.000-95.000 soldati, l'armata più grande che Granada aveva mai schierato in India, senza considerare i presidi che erano rimasti. Tuttavia, una divisione tamil e la maggior parte degli effettivi gujarati e sindhi erano leve e, anche se non ufficialmente, dimostrarono uno dei grossi difetti dell'esercito andaluso per moltissimo tempo: un esercito estremamente ben equipaggiato, ma con un enorme divario fra i regolari, addestrati per bene e le milizie, a cui veniva solo insegnato come sparare in linea e ricaricare.

Nella marcia di avvicinamento al confine le tre colonne si erano distanziate alquanto e Shekha si mosse per prenderle ancora divise. Il contingente di Perumal, non potendo contare ancora a lungo sui carri, era quello che si era distanziato di più cercando bottino. Il 3 settembre le avanguardie di Perumal entravano a Karwara, mentre il centro, tenuto da Braba era a Hariyali, a trenta km e l'ala sinistra, di Rajamar, era tra Hariyali e Chitalwana. A est di Karwara, sulle alture, era arrivato l'esercito del Marwar, che ora ammontava a circa 60.000 uomini. Shekha voleva intercettare i 56.000 Tamil, ma gli esploratori avvertirono appena in tempo il generale, che precipitosamente si ritirò in direzione del resto dell'esercito.
La scelta più saggia, probabilmente, sarebbe stata quella di ritirarsi facendo terra bruciata e aspettare gli alleati, in quanto un'armata di quelle dimensioni chiaramente poteva vincere solo con una vittoria veloce e completa sui difensori, ma probabilmente l'idea di lasciare i nemici addentrarsi così nel suo regno non andava al raja, ma decise di attirarli ancora più lontani dal confine: attese di sapere che l'esercito si stava muovendo per attaccarlo e si ritirò sulle montagne, aspettando. Dopo una schermaglia sui sentieri, il re diede a intendere di voler lasciare quelle posizioni perché spaventato dal numero dei nemici e andò a Selwasan.
L'esercito di Braba era stato il primo a discendere e il generale pensò che si stesse ancora ritirando per coprire la strada orientale verso Jodhpur (e tornare sui propri passi per riprendere quella occidentale era fuori questione), così diede ordine ai subordinati di sbrigarsi per prendere gli avversari in una zona pianeggiante. Pabuji si spostò di nuovo, passando il fiume a est del villaggio.
Ma nel pomeriggio del 9 settembre la retroguardia di Marwar si rivelò composta dalle truppe scelte, le quali respinsero facilmente i primi reparti e mostrarono che erano state scavate ridotte sulla sponda est del fiume.
Braba fece ritirare i soldati e si preparò a un assalto alle difese con il resto dell'esercito. Alla mattina del 10 fu deciso che si doveva assalire le postazioni difensive, sfruttando i due ponti e i pochi punti guadabili, diminuti di numero dalle piogge; cercare di aggirarle non era possibile, dato che ciò avrebbe concesso a Shakha di ritirarsi. Il bombardamento durò tre ore, ma i parapetti di fronte alle trincee per la maggior parte ne attenuarono gli effetti. Così partirono le cariche a scaglioni. Per tutta la giornata si susseguirono, ma ogni volta che veniva sfondata la prima linea di difese, la seconda ricacciava gli assalitori. Al primo assalto i reggimenti di leva si ritrovarono per sbaglio a precedere i corpi d'assalto e quando furono messi in fuga intralciarono i compagni, rendendo così facile il massacro; i successivi furono più ordinati ma altrettanto infruttuosi. Il tentativo dei genieri di costruire un altro ponte fu sventato dai (pochi) cannoni del Rajput.
Solo nel tardo pomeriggio Braba di decise di far assaltare alla baionetta la Guardia; grazie ad alcune barche costruite dai genieri, fu possibile un assalto quasi generale. Questa volta, gli ausiliari cedettero e ruppero le linee, ma i Rajput resistettero. I combattimenti continuarono fino a notte inoltrata, con i difensori arroccati entro le loro trincee che continuavano a respingere gli attacchi. Solo poco prima dell'alba l'ultima resistenza fu domata e le truppe esauste poterono addormentarsi. La battaglia era stata di una cruentezza senza precedenti. Almeno 10.000 soldati granatini erano morti negli assalti e altre due migliaia nei combattimenti dopo il tramonto. Ancora peggiori le perdite di Shekha. 15.000 ausiliari erano morti o si erano arresi, se ne erano salvati solo quattromila. Circa ventimila erano stati mandati da Shekha indietro, quando capì che l'onda d'urto dell'ultimo assalto non sarebbe stata contenuta, per difendere Jodhpur. Tutti i restanti rimasero sul campo a bloccare l'armata nemica. Combattendo all'ultimo sangue, solo poche decine di soldati non furono uccisi in qualche modo. Shekha cadde sul campo. Tuttavia, quel ritardo permise ad Abhai Singh, il governatore di Jodhpur, di sfuggire alla cavalleria e tornare a preparare una difesa.
La vittoria poteva sembrare pirrica, ma in realtà aveva inferto un durissimo colpo alle forze di Marwar. Dopo la battaglia di Selwasan, bisognava solo prendere Jodhpur per prendere il regno. Tuttavia, restavano ancora gli eserciti di Ajmer e Udaipur.

L'assedio di Jodhpur
Tutta la regione di Barmer era stata abbandonata e Ajit Singh si era ritirato con tutti gli uomini disponibili a Jodhpur. Rajarm ricevette l'incarico di assediare la città. Questa cadde dopo due mesi, dopo bombardamenti continui per quasi tutta la durata dell'assedio. I difensori, al momento dell'ultimo assalto, erano stati decimati e il loro proverbiale valore a poco servì. Rajaram, contravvenendo alle linee guida che gli aveva dato il suo superiore, lasciò che la città venisse saccheggiata.
Il regno di Marwar divenne così un'altra provincia e i signori rajput, i pochi rimasti, furono obbligati a giurare fedeltà a Granada.

Il tradimento di Ajmer e l'assedio di Udaipur
Marciando verso Udaipur per incontrare i nuovi nemici, Braba fu contattato da Prithviraj VIII, il re di Ajmer. Questi disse a Braba che era disposto a lasciare l'alleanza in cui l'aveva gettato il padre ora morto, poiché tra Ajmer e Udaipur esisteva un'atavica rivalità. Avrebbe volentieri aiutato Granada, se avesse mantenuto delle prerogative. Il governatore, dubbioso, accettò comunque e vide che non aveva motivo di dubitare: nella battaglia di Sonwara, al suo esercito si unirono i 20.000 di Prithviraj e sconfissero facilmente il re Maharana Sangram Singh II. Il gesto fu esecrato in tutti gli altri regni rajput, ma il re di Ajmer nel proprio ebbe un'accoglienza trionfale, avendo vinto il nemico di sempre.
Dopo la sconfitta, Sangram dovette riparare con 10.000 uomini nella fortezza di Chittorgah, al confine sud-orientale, non potendo raggiungere Udaipur (la quale non oppose resistenza).
La quasi leggendaria fortezza di Chittorgarh era di molto antica fondazione e nei secoli era stata migliorata. Diversi eserciti l'avevano espugnata, ma le difficoltà erano tali che solo una macchina da guerra più che efficiente poteva riuscirci. Lì s'era ritirato il re di Udaipur, con i suoi guerrieri e (in maggior parte) le loro famiglie.
Braba mandò nel suo regno Prithivraj e si preparò a un lungo assedio. Non ci sarebbe stato modo di far uscire i difensori e l'unica soluzione che trovò fu quella di colpire le mura con l'artiglieria d'assedio.
Per molti mesi la situazione fu in stallo. La grossa armata doveva disperdersi in lungo e in largo per integrare col saccheggio i rifornimenti dai territori amici, eppure i Rajput non riuscivano a fare una sortita.
La situazione peggiorò per loro quando l'artiglieria di Rajaram arrivò all'assedio. Con i cannoni, protetti da barricate di terra e vimini che permettevano agli artiglieri di avvicinarsi molto, la situazione per i difensori era insostenibile e ben presto sarebbe stata aperta una breccia sufficiente a un assalto. Così, nella primavera del 1724, i difensori fecero il Jauhar e Saka, il rituale rajputi dei difensori disperati: donne e bambini s'immolarono sul fuoco, mentre gli uomini sortirono in un'ultima carica. Questa, prendendo i nemici di sorpresa, per poco non riuscì a farli fuggire, ma la preparazione della Guardia permise di organizzarsi e trucidare tutti i guerrieri. Nel 1724, il regno Udaipur cadde per mancanza di difensori. In breve, Ajmer formalizzò la sottomissione. Questa volta non sarebbero esistiti vassallaggi speciali.

I primi anni di pace

La riforma navale
La guerra in oriente aveva dato ragione alla flotta granatina, ma aveva anche evidenziato le grosse lacune della marina, che in pratica non era cambiata per 300 anni, mentre le navi e la strumentazione erano rimasti al passo coi tempi. Questa commissione fu data al ministero della marina nel 1717. La soluzione fu di adottare il sistema francese in toto, riportando così l'organizzazione della marina ai livelli moderni.

Marwar
Nel 1713, il raja di Marwar presentò la richiesta di essere considerato un sovrano di uno stato satellite e non governatore per conto del re. In sostanza ciò avrebbe solo stabilito che le truppe straniere sarebero state ridotte di molto, mentre tributi e direttive da Granada sarebbero rimaste uguali. Ismail, pressato dai problemi di bilancio, accettò.

La tratta degli schiavi
Con la guerra di Giava al termine, Ismail prese in seria considerazione la possibilità di chiudere la parentesi schavitù: i guadagni della tratta erano stati alti, le popolazioni schiaviste trovavano più difficile catturare uomini, con la crescente organizzazione della Confederazione di Tambacounda, che da parte sua non avrebbe potuto sostenere ancora quella situazione a lungo.
Nella stessa città, Ismail IV, il primo ministro sceicco di Albarracin e i capi della Confederazione s'incontrarono nel 1716 per discutere della reintegrazione di quelle terre nel regno e soprattutto la protezione dalle razzie per gli schiavi. Con relativa facilità arrivarono all'accordo: dopo 80 anni di quasi guerra, tutte le popolazioni che erano state definite "schiavizzabili" rientrarono nel regno di Granada, con lo status di tutte le altre. Anche i capi si adeguarono e giurarono fedeltà al re (i discendenti di chi lo aveva fatto in precedenza, perdendo ogni privilegio, non riacquistarono comunque nulla). In tutto il regno ritornò il divieto di comprare schiavi, ma non di possederne né di tenere in schiavitù i loro discendenti, lasciando così intatti i patrimoni schiavisti che si erano creati.
Comunque, i centri di Mayumba e Bioko rimasero, decretando quindi che i sudditi di Granada potevano catturare e vendere schiavi.