sabato 18 novembre 2006

Il tardo regno di Muhammed XII

Con quella nuova vittoria il regno nasride si proponeva come nuova grande potenza europea riconosciuta da tutte le nazioni tranne dal duca d'Egeo, Michael d'Aragona (ramo secondario), il cui nonno era stato l'ultimo duca delle Asturie (vista la situazione critica negli ultimi mesi di governo castigliani e con la malattia mortale del principe ereditario, il governo effettivo della regione fu affidato al reggente). Il re aveva sposato una donna di un'antica famiglia ebraica e continuò con la nuova consuetudine del monogamismo.
I mercanti iberici dominavano i mercati interni, quelli del Mediterraneo occidentale e del Baltico. Nel 1457 si alleò con l'Aden, ottenendo l'importante diritto di passaggio per l'istmo di Suez e comprando a carissimo prezzo il diritto di edificare nelle vicinanze un avamposto commerciale-militare.
Il 3 giugno 1459 nasceva a Granada il primo pargolo reale, che fu chiamato come il padre. Per i successivi 19 anni l'Europa visse il suo più lungo periodo di pace e tranquillità da 150 anni.
Nel 1478 si arrivò alla crisi internazionale: gli Ziyanidi entrarono in conflitto con gli Ottomani, che erano appoggiati dagli Anjou di Napoli, contro il duca di Creta, che aveva ereditato le isole egee e aveva dichiarato guerra ai turchi, strappando loro parte dell'Eubea, l'Attica meridionale circodando Atene e continuando a finanziare una marea di corsari; Zahi Awuss appoggiava il cretese perché sperava che con una risoluzione favorevole decidesse poi di occupare la Morea, napoletana. Napoli, dal canto suo, appoggiava i Turchi in funzione puramente antisaracena e ne approfittava per rinvangare le rivendicazioni sulla Sicilia e la Provenza.
L'episodio che si ritiene scatenante le ostilità fu la concessione d'attraccare nel porto di Messina a una galea nassiana inseguita da una squadra napoletana. A febbraio l'esercito angioino fu messo in campo, dichiarando guerra a Ziyanidi e Creta. Il comandante D'Orlandi a capo di 30000 uomini attraversò il territorio dei Gonzaga puntando direttamente sulla Lombardia, ma l'esercito locale lo bloccò in tutti i tre tentativi di attraversamento del Po; i fortini montani sull'Appennino risultarono inoltre troppo resistenti da conquistare in tempo utile. A luglio quindi chiese il permesso al sovrano di potersi ritirare e allestire una spedizione navale per sbarcare dal Mar Ligure. Carlo IV accettò. Lo stesso re partì da Capua poche settimane dopo il suo maresciallo con 8.000 uomini e 10 cannoni per la Sicilia. Non sbarcò nella parte orientale, meglio difesa, ma preferì occupare Palermo e la Sicilia occidentale, battendo la milizia locale a Riesi.
5000 uomini difendevano la Morea e altri 200 Corfù (che però rimasero inviolate); 1200 italiani e 3000 irregolari locali erani di presidio a Tripoli; tre anni dopo la Tripolitania cadrà.
Verso fine anno, Muhammad vide l'opportunità di espandersi notevolmente con gli eserciti dei vicini impegnati lontano. Per trovare un pretesto incaricò il Ministro degli Esteri, Juan de la Fuente Negra di fabbricargliene uno. Furono create false prove che il deceduto Hassan avrebbe anche stabilito che il sostegno granadino ai Tunisini sarebbe stato dato solo finché loro non avessero turbato gli equilibri stabiliti nel concordato (fu possibile grazie alla vaghezza dei documenti in questione). Il due o tre gennaio l'ambasciatore a Milano presentò la richiesta di Muhammad: la cessione di tutti i territori da Orania a Tunisi e dei territori italiani a nord, a eccezione della Lombardia e della Corsica. Ovviamente erano inaccettabili e una settimana dopo 35000 mercenari e la Guardia attraversarono la frontiera marocchina (non fu richiesto l'aiuto dell'Aden), arrivando in un mese ad Algieri senza quasi incontrare resistenza. Dopo altri due mesi Muhammad entrò trionfalmente a Tunisi, accolto dalla fazione secessionista locale, che accusava la corte di Milano di aver reciso i legami con la madrepatria.
Velocemente istituì un governo provvisorio dei territori occupati con i suoi maggiori sostenitori, supervisionato dal figlio Muhammad. Per quattro mesi l'esercito rimase fermo in Tunisia, in attesa che la flotta del Mediterraneo ottenesse la superiorità navale. Dopo lo scontro di Punta Scandola (Corsica) del 25 agosto tra l'ammiraglio almeriano Tayeb Mafhouz e il genovese Osvaldo Queirolo, quest'ultimo perse 23 galee sulle sue 41 contro le 14 su 10 galee e 28 navi da guerra di modello atlantico del rivale (dato che la schiavitù era abolita e i rematori potevano essere solo volontari stipendiati o alcuni dei massimi criminali, l'Ammiragliato doveva usare navi che richiedessero meno equipaggio). La flotta sconfitta riparò a Genova, a cui fu imposto un blocco navale, sbarcando a Bastia e Calvi e usando le basi corse ben difese verso l'interno per far partire le squadre del blocco.
A settembre allora iniziarono le operazioni d'imbarco per battere sul tempo i napoletani, che solo in quel momento erano riusciti a vincere la morsa sulla Morea attuata dal duca di Creta, che aveva ottenuto l'Eubea e la Tessaglia dagli Ottomani e aveva impegnato con tutte le sue forze la flotta nemica che aveva tentato di sferrare un colpo decisivo alla sua, ma era stata costretta a una guerra di sopravvivenza contro le "imboscate marittime" che non permettevano a nessuna nave nemica di doppiare il Peloponneso; per questo Alexandros d'Arragon -grecizzazione del suo nome- fu chiamato "il Poseidone".
Facendo arrivare le navi di stanza a Lisbona i 22.000 uomini rimasti (gli altri, finito l'ingaggio, se ne erano andati al servizio napoletano, gli unici che potevano ancora pagarli) e sbarcò sulle spiagge toscane. Una settimana dopo sbaragliò la resistenza e assediò Pisa, che cadde dopo 34 giorni. Fu poi la volta di Prato, dopo 12 e quindi di Firenze, dopo 49; Livorno cadde senza oppore resistenza. Risalì quindi verso nord, occupando in tre mesi tutta l'Emilia. A Valmozzola una nuova armata si presentò per bloccare la strada verso la Liguria e fu costretta alla ritirata dopo la battaglia con le nuove compagnie di ventura assoldate sul posto. Muhammad, che si recò a osservare lo scontro, fu colpito da un proiettile di cannoncino vagante, che gli arrivò sulla gamba. Nonostante l'amputazione tempestiva, la cancrena era già subentrata e ne morì tre giorni dopo. Lo SM dovette fermare temporaneamente la campagna e chiamò l'erede a comandare l'esercito. Questi, ufficializzò di tutta fretta il suo regno, adottò il titolo di XIII e incurante dello sgomento in patria accorse a Parma, per prendere il comando.

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