sabato 18 novembre 2006

La Guerra dei Cinque Anni

La campagna guascone

Come già detto, esistevano tensioni fra Granada e Francia per il controllo della Linguadoca. Si accentuarono quando ascese al trono di Parigi il nuovo re Henri II, che passò dall'obiettivo di rendere indipendente la Linguadoca a quello di sostituirsi ai suoi attuali signori. Nel 1554 si alleò con la Svezia; sempre nel 1554, grazie agli svedesi, la prima missione granatina, guidata dal diplomatico portrumil Saivan Braba, giunse alla corte del Negus.

La Svezia coloniale
Paragrafo a parte merita la spinta coloniale svedese. In contemporanea a quella iberica, anche la popolazione svedese e norvegese cercò nuove terre in cui emigrare. Le trovarono nel cosiddetto Corno d'Africa, dove fondarono nella parte settentrionale Landskrona, Fästning Tre Kronor e Vasaborg; inoltre conquistarono la città di Lindi.

Nel 1556, nell'ambito della guerra a fini commerciali fra le due maggiori potenze mercantili dell'Oceano Indiano, Oman e Gujarat, l'avamposto omanita di Socotra fu distrutto dalle truppe del Gujarat, aprendo la strada alla colonizzazione dell'isola da parte di Granada, che fondò il primo insediamento in pace con gli autoctoni a fine anno. Comunque, la Guerra Indica si risolse quando a fianco dell'Oman intervenne Delhi, che conquistò il Gujarat orientale, obbligando alla pace i contendenti, finendo in parità.

La situazione sud europea di relativa pace terminò bruscamente il 2 aprile 1557, quando l'armata francese guidata da Suvegny attaccò la cittadella guascone di Clapier e contemporaneamente l'ambasciatore francese presentò la formale dichiarazione di guerra.
Il 4 arrivò la risposta da Ismail, che seppur controvoglia, dovette onorare l'alleanza per non perdere prestigio e intervenire a fianco della Linguadoca, non richiedendo però l'aiuto del Songhai. Il 10 anche la Svezia entrò in guerra a fianco della Francia.
I vertici militari non erano molti sereni: molte generazioni non avevano visto la guerra: sarebbe bastata l'organizzazione militare teorica?
La mobilitazione di un primo corpo d'armata di 26.000 uomini più altri 7.000 mercenari bretoni e 2000 Guardie terminò solo a maggio e ne prese il comando Rodrigo Delsez. Intanto i Francesi penetravano sempre più in profondita in Guascogna, vincendo facilmente la resistenza sulla loro strada.
L'esercito si mise in marcia da Pamplona il 6 maggio, per portare soccorso alla guarnigione di Fleurance, città assediata da Suvegny e ultima difesa sulla strada per Auch, il cuore della Guascogna. Una settimana esatta prima, l'esercito locale condotto da Simon Frêche era stato letteralmente sbaragliato a Preignan e l'altro esercito, quello ducale, era bloccato nei pressi di Carcassonne dall'esercito del colonnello des Barres.
Delsez arrivò a Montesquiou, vicino Auch, il 20 maggio, dove si ricongiunse con il restante esercito di Frêche. I due eserciti marciarono su Fleurance, ma la trovarono già libera: Suvegny aveva saputo del pericolo e s'era ritirato a Lectoure, occupando la parte sulla riva destra del Gers. Per evitare sorprese, aveva fatto distruggere ogni ponte sul fiume tra Fleurance a Lectoure ed erigere alti muri da genieri specializzati su ogni guado noto sufficiente per l'artiglieria. Per rendere difficoltoso l'attraversamento da Fleurance aveva fatto allagare il territorio a nord est ed est della città.
Tutte queste precauzioni non potevano fermare i nemici (non aveva truppe per presidiare i punti menzionati), ma li avrebbero certemente rallentati abbastanza per riposizionarsi a dovere nel caso avessero tentato di attraversare il Gers a sud di Lectoure, dove li aspettava.
Albert Suvegny

Delsez, comandante supremo dei due eserciti congiunti, dovette amaramente constatare che non c'era verso di attraversare il fiuma a sud di Lectoure; l'allagamento della campagna di Fleurance non era stato molto radicale, ma trasportare certi pezzi d'artiglieria campale che si ritrovava e in tale quantità (112 cannoni, per l'esattezza, divisi tra Granada e Linguadoca in 25:2; comunque si deve notare che almeno 80 di essi erano colubrine trasportabili da almeno sei uomini e 17 erano di medio calibro), avrebbe dato il tempo alle pattuglie francesi di dare la notizia e anche di controllare la situazione in caso di cambiamenti prima che l'armata avesse completamente passato la zona. Stesso problema per l'attraversamento dei guadi: troppo lento.
Intanto, la flotta delle Baleari (ossia la flotta mediterranea) di al-Tunisi attaccò e sconfisse la squadra francese a Saint-Tropez.
Il ribaltamento della situazione avvenne il 29 maggio: Fernand II ottenne dalla Sardegna, alleatasi con il ducato, 5000 uomini e quindi diede battaglia a Carcassonne, dove riuscì a mettere in fuga gli uomini di des Barres. Lasciando un distaccamento di 3400 soldati per premunirsi in caso di ritorni del colonnello, iniziò una marcia a tappe forzate per raggiungere la Guascogna.
Vistosi in pericolo, Suvegny abbandonò Lectoure per spostarsi a Gimbrède, posizione più facilmente difendibile; di nuovo fece bloccare ogni via d'accesso alla riva destra tra Lectoure e Astaffort, un po' più a nord della sua posizione. Contava di poter prima scontrarsi con Fernand, in arrivo a velocità estremamente sostenuta e poi dedicarsi a Delsez, che non aveva modo di passare il fiume fino a nord di Astaffort.

Rodrigo Delsez

Invece Delsez, contro ogni previsione, riuscì a far ricostruire un ponte di cui erano rimasti i piloni nei pressi di Frandat ai suoi genieri, giunti apposta da Pau, in quattro giorni. In un altro giorno e mezzo, per mezzo di barconi, transitarono i cannoni. Quest'opera lasciò di stucco lo SM francese, mentre Fernand, saputa l'impresa di Delsez, deviò per incontrarlo e arrivare uniti.
Perdendo il giorno di vantaggio che aveva sui granatini, lasciò un giorno in più ai francesi. Il 18 giugno gli esploratori di Suvegny scoprirono un guado non rilevato prima a metà strada fra Gimbrède e Astaffort, l'unico che avrebbe potuto essere usato da Delsez per prendere alle spalle i francesi, se non avesse passato prima il Gers. Di tutta fretta l'armata passò alla riva sinistra, posizionandosi un po' indietro rispetto al guado attraversato.
Alla fine, le armate giunsero faccia a faccia il 21. Suvegny schierava 34000 uomini affamati ma motivati e 45 cannoni (molti di questi catturati alla Linguadoca); Delsez 32.000 uomini (1000 erano rimasti indietro a causa della malaria incontrata a sud) rifocillati e ben armati, ma senza esperienza pratica e 103 cannoni; Fernand 14000 uomini veterani ma stremati dalla marcia veloce e 20 cannoni.
La Battaglia del Gers iniziò alle luci dell'alba. Il piano di Suvegny prevedeva di nascondere un quarto dell'esercito nella foresta vicina e posizionare il restante 200 m arretrato rispetto al guado: quando i nemici avrebbero attraverso il fiume e si sarebbero spinti avanti per lo scontro, sarebbero stati presi d'infilata da sinistra; per un ulteriore effetto, nascose dietro un terrapieno mimetizzato da una siepe dieci cannoni.
I generali dell'opposto schieramento temevano la trappola del bosco e di nuovo venne in aiuto il nuovo corpo del genio campale. I loro gruppo comando elaborò uno stratagemma: avrebbero reperito delle chiatte lì abbadonate e dei volontari si sarebbero spinti fino alla riva opposta con degli otri di pece da incendiare e lanciare nel bosco: la primavera era stata secca e non avrebbero avuto problemi a dar fuoco agli alberi.
All'alba i tre pezzi d'artiglieria granatina dalla maggior portata furono portati sulla riva e iniziarono a sparare per saggiare lo schieramento nemico.
Alle 7.30 circa i genieri furono pronti e l'incendio fu attuato. I soldati nascosti, ligi all'ordine di non sparare fino a nuovo ordine, non si fecero individuare dai volontari incendiatori e alle prime fiamme si capì che era inutile rimanere in mezzo agli alberi: ritornarono al loro schieramento.
Suvegny non si perse d'animo e mantenne la posizione. Poco prima dell'aurora aveva elaborato un altro piano: mandò una quarantina di uomini a nascorsi nel fitto canneto con alcune barchette imbottite di tritolo che galleggiavano a pelo d'acqua (dei brulotti, diremmo oggi): quando l'esercito avrebbe iniziato il transito, avrebbero dovuto mandarle addosso approfittando della corrente favorevole.
Nonostante la stanchezza degli uomini, Delsez ottenne che l'esercito di Fernand fosse l'avanguardia. I suoi uomini attraversarono il fiume senza trovare resistenza e subito dopo gli altri cannoni iniziarono la traversata, fiancheggiati da 500 fanti castigliani.
A quel punto i soldati nel canneto accesero le micce e spinsero i brulotti, ricoperti di frasche, verso lo stretto guado. Per distogliere l'attenzione da quegli strani cespugli galleggianti, Suvegny inoltre fece avanzare alcuni suoi pezzi per bombardare ad alzo 40 appena dietro la linea formata dagli uomini di Ferdinand. Quasi senza che se accorgessero, le armi giunsero vicinissime ai soldati in marcia ed esplosero tutti 35 tranne 2, che si erano troppo bagnati. Fu una strage: tutta la colonna destra di fanti cadde, tutti i cannoni medi andarono persi e la confusione si attizzò per tutto l'esercito.
Gli artificieri francesi approfittarono del caos per prendere alcuni moschetti lasciati all'asciutto, sparare una salva e prima di essere localizzati fuggire verso le loro linee.
Fino alle 11, ci fu lo stallo. Fernand non poteva avanzare e i genieri dovevano con l'aiuto della fanteria leggera sgomberare il passaggio.
Il morale dei granatini era a pezzi e Delsez dovette più volte passare il guado per far vedere che era di nuovo sicuro. Nel primo pomeriggio la restante artiglieria fu schierata davanti ai francesi alleati e Suvegny schierò la sua, per uno scambio di tre ore. L'artiglieria borbonica superava in potenza quella nasride e linguadochese, ma questa era superiore in rateo di tiro e complessivamente era più efficace. Dopo tre ore i cannoni francesi tacquero, poiché gran parte della polvere da sparo era stata usata per i brulotti: sotto il fuoco, furono trasportati a ridosso dei picchieri per creare un ulteriore sbarramento. Per altri 30 minuti le colubrine spararono.
Finite le munizioni messe a disposizione dal sovrintendente in campo dell'artiglieria, iniziò la marcia dell'armata. Al centro c'erano i picchieri del duca e di Frêche, schierati su nove linee davanti agli archibugieri; alle ali la fanteria pesante granatina, su sette linee più tre di archibugieri, l'ala destra era divisa fra iberici e bretoni. Dietro gli archibugieri francesi trovavano posto i fanti sardi e dell'Armagnac. La fanteria leggera era ai lati, al seguito delle truppe da tirono, mentre la cavalleria fiancheggiava la fanteria. All'ordine, due file di archibugieri avanzarono in mezzo alle picche e la cavalleria pesante si appropinquò al piccolo trotto verso i cavalieri francesi, in arrivo da entrambi i lati. La cavalleria sul lato sinistro, però, arrivò obliqua, così da permettere all'artiglieria nascosta di sparare una prima micidiale bordata contro la formazione nemica, sorprendendo tutti. Continuò così fino a quando ebbe munizioni, cioè dieci colpi, flagellando il lato sinistro. Conscio di questo, Suvegny aveva rafforzato la cavalleria sul lato destro, che seppur a prezzo di gravi perdite, mise in fuga la sua controparte. La cavalleria tentò una carica, ma fu fermata dal fuoco degli archibugi, ritirandosi; la situazione numerica alla fine era di parità.
La fanteria francese, assottigliata dal bombardamento, aspettava pronta dietro i cannoni e le ridotte maciullati. A tiro, iniziarono i colpi d'archibugio. Quelli granatini sparavano e ricaricavano in movimento, a file alterne, con tutti e tre i ranghi oltre le picche e quelli della Linguadoca si posizionarono davanti ai loro compagni per sparare da fermi. Cinque passi prima del contatto fra le picche, uscirono da dietro le linee i fanti pesanti senza piccha e i fanti leggeri, che dovevano scompigliare i ranghi nemici.
La battaglia alla fine infuriò, in una mischia che non aveva nulla di tattico, ma alla fine la preponderanza numerica e l'impetuosità del centro alleato fecero cedere i francesi. Quando i comandanti s'accorsero che tutte le bandiere del gruppo comando erano issate al contrario, bloccarono non senza fatica l'inseguimento e Suvegny potette parlamentare. Ottenne di poter far ritirare in pace i suoi uomini, disarmati, fino al confine e si propose come ostaggio per garantire l'assenza di ulteriori azioni del suo esercito e scrisse una lunga lettera per informare il suo re.
Delsez accettò e si fece consegnare armi, armature e stendardi.
Terminò così la campagna guascone, con un bilancio complessivo di 4000 morti (compresi quelli posteriori alla battaglia) e 600 feriti sopravvissuti, più 240 dispersi da parte francese, mentre gli altri contarono 2790 morti, 500 feriti e 20 dispersi.

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