sabato 18 novembre 2006

Hassan Il Famoso e il primo periodo di Muhammed XII

Quando morì Yusuf V, il suo erede Muhammed aveva solo tredici anni. Ne furono allora reggenti per tre anni la madre Nudar e lo zio Hassan Attaf, l'uomo di maggiore influenza durante il regno del cognato: imprenditore di successo, aveva quasi il monopolio dei traffici fra il Sinai e Granada. Era stato lui nel 1448 a rappresentare il Paese nel concilio di Foix per definire i confini pireneici e con l'Armagnac e la Linguadoca e sempre lui era riuscito a strappare nel 1449, con un'incredibile mossa diplomatica, il riconoscimento della legittimità dello stato da Papa Nicola V, mettendo così al sicuro per tutto il suo pontificato e forse oltre il regno da eventuali rivendicazioni religiose.
Di nuovo fu Hassan, al fianco della sorella e del nipote ad accogliere solennemente ibn Faruq, colui che era partito uomo ed era tornato uomo vecchio. Gli furono tributati enormi onori; inoltre il viaggiatore riferì che i tentativi del Vijanagar di sottomettere le popolazioni autonome del fiume Vaigai e del Kerala non erano andate a buon fine. Nacque così nella mente di Hassan l'idea di occupare con una penetrazione lenta ma costante quei territori "vergini", in una posizione estremamente importante nelle vie commerciali dell'Indiano, ma dovranno ancora passare anni prima della sua messa in pratica.
Nuovamente s'incontrò nel 1451 con il papa, l'emiro ziyanide Barakat II e il re di Napoli per un altro vertice sugli equilibri europei. Il papa riconfermava la legittimità del governo nasride su tutta la Penisola Iberica, chiudeva un occhio circa le rivendicazioni sulla bassa Navarra, enclave del regno in declino che aveva mosso la sua capitale a Torino; inoltre, Hassan riuscì a ottenere dal re e dal papa (che alla fine era suo succube) il riconoscimento della sovranità tunisina su Milano, Parma e Genova, ma non si riuscì a raggiungere un accordo circa la Sicilia e la Provenza. Il secondo giorno dell'incontro arrivarono i messi di Venezia e dei Gonzaga (che erano riusciti a portare il loro dominio anche su Firenze, Modena e Bologna). I Veneziani riconobbero lo stato arabo in cambio di grosse concessioni mercantili a Genova, mentre i Mantovani furoni irremovibili e non si giunse ad alcun accordo. Carlo IV di Napoli accettò lo status dei regnanti tunisini (che però lo erano solo in parte, ormai la dinastia era incrociata con le famiglie milanesi più importanti), ma in cambio pretese il riconoscimento della sua sovranità sulla Tripolitania e del suo status di garante delle popolazioni "cristiane" (così egli intendeva tutti gli autoctoni italiani, pure i convertiti all'islam) in caso di contestazioni del potere arabo a cui erano sottoposti, così come dei cattolici d'Egitto, specie di Alessandria (era stata per anni un feudo tedesco). Inoltre, le due potenze arabe s'impegnavano a non intervenire mai in favore dei Mamelucchi contro la neoconvertita al cristianesimo ortodosso Nubia, che premeva da sud.
Nel 1452 alla fine Muhammad XII raggiunse la maturità e sembra che effettivamente i suoi reggenti si ritirarono dal loro compito senza prorogarne i benefici, ritornando a essere consiglieri al pari dei colleghi: immaginavano di aver svolto sufficientemente bene il loro compito.
Hassan quindi nei successivi cinque anni prima fu amabasciatore in Svezia, poi rimase fino al 1457 inoltrato a Delhi. Tornò quindi in patria, ritirandosi a vita privata nella sua magione di Formentera. Nudar invece nel 1450 aveva sposato un ricco mercante e con lui si ritirò a Faro nel 1455.
Muhammad salì al trono e decise in breve tempo di cambiare la tendenza del regno. Dall'Alhambra uno stuolo di tecnici militari s'industriò per portare la tecnologia militare a livelli superiori di quella degli stati contemporanei, ma dopo due anni di ricerce infruttuose (un progetto parla anche di grandi meccanismi azionanti delle pale per la dispersione del fumo degli archibugi) si stancò e decise di lavorare a una nuova organizzazione dell'esercito assieme al generale e consigliere militare Yaqub al-Mansur, discendente alla lontana del califfo almohade Abu Yusuf, colui che sconfisse nel 1195 i Castigliani ad Alarcos.
Dopo qualche mese, re e generale decisero finalmente l'organizzazione militare definitiva.
Innanzitutto, ogni uomo abile, passati i 16 anni, avrebbe dovuto prestare per sei mesi servizio come coscritto in arruolamento nell'esercito (o nella marina, a scelta), poi sarebbe rimasto un potenzialmente richiamabile fino ai quarant'anni. L'esercito sarebbe stato diviso in:

-fanteria pesante (picchieri e altri fanti da mischia), sul modello europeo, e in massima parte composta dagli spagnoli e dai portoghesi;
-archibugieri, che erano schierati sin da inzi secolo e operavano in stretto contatto con la fanteria pesante ed erano addestrati anche al combattimento in mischia;
-artiglieria, campale e d'assedio, utilizzata massicciamente;
-cavalleria pesante, che aveva il compito non d'essere la parte mobile dell'esercito ma bensì di bloccare la cavalleria avversaria. La mobilità sarebbe stata data dalle
-truppe leggere, che comprendevano fanteria (di solito da mischia, con qualche balestriere, molti arcieri e non più d'una squadra di archibugieri per battaglia): avevano il compito di punzecchiare i massicci schieramenti nemici (soprattutto di prendere di mira le truppe da tiro) e proteggere i fianchi e la cavalleria leggera, di solito berbera o andalusa, che aveva il solito compito. Questo sulla carta, ma a parte i 5000 uomini della Guardia, raramente nelle azioni militari l'esercito di nuovo modello venne utilizzato, si preferiva sempre affidarsi a mercenari a ingaggio brevissimo magari meno innovativi ma più disposti a combattere.

Nel 1455 fu abolita definitavamente la tassa per i credenti di altre fedi per poterla professare, che era stata progressivamente abbassata circa ogni cinque anni sin dalla fine del regno di Yusuf I. Un grande traguardo per l'epoca.
Due anni più tardi, scoppiò la prima guerra del suo regno. Auguste d'Armagnac, che sperava con una guerra lampo di eliminare alla radice qualsiasi brama sulla sua marca, dichiarò guerra assieme alla Linguadoca e con una manovra rapidissima occupò Bilbao, mentre la Linguadoca assediò Gerona. Lo Stato entrò in allarme e in una settimana furono raccolti 12.000 uomini nel nord della Spagna, tutti coloro che avevano già passato il periodo d'addestramento. L'esercito raccolto era assai lontano dagli standard desiderati, sia come composizione sia come armamento, ma poteva bastare per il momento. Due colonne di 6000 uomini, comandate dal sovrano e da al-Mansur si mossero dalla Cantabria occidentale, unendosi a pochi chilometri da Bilbao, dove incontrarono l'esercito in pari numero di Auguste.
La battaglia di Fruiz iniziò con il solito primo e inefficace scambio di colpi d'artiglieria, ma Muhammad persistette usando tutti i suoi 40 pezzi d'artiglieria contro le salde postazioni nemiche. Dopo che ogni cannone ebbe sparato 17 colpi ciascuno il bombardamento cessò. Auguste approfittò sin da metà del bombardamento per portare la sua cavalleria verso il fianco destro del nemico, che finiva in una zona pianeggiante, nascosto dalla fitta cappa di fumo.
Lo schieramento nasride era ancora immobile in attesa che si diradasse il fumo, ignaro dei cavalieri che al piccolo trotto s'avvicinavano alla loro ala. Muhammad pregava che in quella giornata stantia si alzasse un po' di vento e per premunirsi rifiutò i fianchi facendoli arretrare di 50 passi.
Ciò fece però il gioco dei cavalieri avversari, che nel fumo avevano deviato troppo a sinistra, ma che in quel modo puntarono nuovamente all'estremità dell'ala nemica. Auguste commise un errore: a pochi metri dall'esercito, quando alla fine s'accorsero della minaccia, fece scaricare le pistole sullo schieramento per disorganizzarlo, ma ciò attirò l'attenzione di al-Mansur, al comando della cavalleria pesante, che la raccolse e galoppò con gli uomini disordinatamente contro gli ormai visibili cavalieri nemici, che avevano già caricato. 1100 cavalieri castigliani si scontrarono contro i circa 3000 franco-baschi, subendo ingenti perdite, finché non giunsero altri 500 cavalleggeri andalusi alle spalle e 200 picchieri adiacenti allo scontro. I cavalieri, circondati, si aprirono un varco tra gli andalusi e si ritirarono, dato che la sorpresa era sfumata. Galoppando verso i suoi uomini, il marchese pensava di indurre la cavalleria nemica a inseguirlo, ma Muhammad fece avanzare compattamente l'esercito, mettendo al passo anche i suoi cavalieri. A 60 metri si fermò e da dietro i picchieri avanzarono gli archibugieri per sparare. Dopo la scarica, le truppe dell'Armagnac si chiusero a quadrato, formando una vera e propria fortezza (dieci file di profondità, la prima separata dalla seconda dagli archibugieri e dai balestrieri. Nonostante le gravi perdite, a 30 metri partì la nuova scarica di archibugi dalla fila granatina e queste continuarono per un'altra decina di colpi. Quindi le truppe leggere e gli armati con spadoni o mazze uscirono dallo schieramento, seguiti dai compagni. La mischia durò più di due ore, quando alla fine Auguste decise di chiedere la tregua. Con tutti gli strumenti a fiato che disponeva annunciò la sua intenzione di parlamentare con Muhammad. Il francese propose la totale annessione del suo dominio in cambio del mantenimento delle sue terre e di una certa autonomia dei sudditi: meglio di quanto pensasse Muhammad XII, questi accettò immediatamente. La battaglia portò a 986 morti da parte del re e 1063 da parte del marchese.
Giunta la notizia a Philippe-Thierry de Languedoc, ancora impegnato nell'assedio, questi si affrettò a chiedere la pace. Gli fu imposta la vassallizzazione.

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