domenica 14 dicembre 2008

1809-1810: il dilagare russo a sud

Sperando di aprire un nuovo fronte, viste le vittorie di Kutuzov anche in inferiorità numerica, il governo russo decise di dedicarsi con più tenacia al fronte meridionale. Intanto, dopo nove mesi, ancora Francia e Granada non sembravano in grado di porre una seria minaccia a Kutuzov (a cui comunque furono mandati soldati dalla Finlandia, dato che ormai ci si accontentava di mantenere quanto già preso).

La caduta della Boemia e dell'Austria.
Propedeutico a tale piano era prima cacciare Turchi e Ungheresi dalla Boemia. Nel settembre del 1809 Dokhturov con 87000 uomini attaccò di nuovo la nazione, sconfiggendo questa volta entrambi.
In un frangente del genere, gli alleati furono d'accordo e si ritirarono in Austria, mentre il granduca Jan Josif collaborò coi Russi.
Un mese e mezzo dopo, avendo intuito le mosse del nemico, il generale russo riuscì a isolare gli Ottomani e a batterli a Mistelbach, lasciando che gli Ungheresi gli minacciassero il fianco destro: con la sconfitta dei Turchi, Ferenczi ordinò di tornare in Ungheria per difenderla.

L'invasione dell'Ungheria
Intanto che il granduca austriaco scappava a Verona, Dokhturov occupava il granducato e inseguiva i Turchi. 35000 soldati invasero di nuovo l'Ungheria da nord-est, in Transilvania. Una parte dell'armata di Dokhturov puntò il Veneto, ma l'esercito di Aldolfo d'Este evitò l'invasione.

Ibrahim Bey tornò velocemente nel territorio ottomano e lasciò l'Ungheria da sola.
Seppur infliggendo molte perdite, il generale Fodor non riuscì a contrastare l'invasione della Transilvania, lasciando l'intera Ungheria orientale alla mercé russa.
Ferenczi tentò di resistere a Dokhturov impedendogli di passare il Danubio, ma l'onda d'urto era tale che a Komárno i Russi non solo riuscirono a costruire tre ponti sotto il fuoco ungherese, ma anche a sconfiggere i nemici. Persa definitivamente la Slovacchia, Ferenczi due giorni dopo cercò di approfittare del fiume alle spalle per attaccare i Russi nella vicina Tatabanya.
La battaglia fu un disastro: 4/5 delle forze ungheresi caddero o furono presi prigionieri, poiché tutto il corpo russo aveva già passato il Danubio in quel momento. I Russi conquistarono facilmente Győr e indussero l'esercito magiaro a ripiegare verso ovest, potendo così occupare Budapest.

Dopo questi eventi, le forze ungheresi erano nel caos: oltre ai numerosi caduti, le truppe moldave e transilvane rimaste disertarono, mentre i Croati e gli Slovacchi rimasero per lo più fedeli; gran parte degli equipaggiamenti dell'esercito erano andati perduti nella ritirata, tanto che molti soldati non avevano neanche il moschetto. Soprattutto, con la presa della capitale, gli oppositori a Ferenczi trovarono nuova forza e si appoggiarono ai Russi.
Il re, con ormai meno di 20000 uomini, riparò in Istria. Subito gli alleati si operarono per aiutare almeno quello che rimaneva dell'alleato magiaro: una divisione tunisina fu mandata in Istria e svariate tonnellate di cannoni e armi leggere furono spedite da Francia e Granada.

La campagna di Bosnia e Serbia
Ma i Russi non avevano intenzione di conquistare l'ultima parte di Ungheria non occupata: Dokhturov lasciò forze sufficienti a coprire i confini veneto e istriano e marciò ancora più a sud, forte dell'appoggio degli anti-laszlisti.
Col nuovo parco d'artiglieria catturato agli Ungheresi, riuscì a conquistare i fortini di frontiera ottomani prima che Ibrahim Bey arrivasse. E anche il generale turco soccombette di fronte alle armate russe, perdendo a Dragelji e rimanendo ucciso in battaglia.
La dispersione delle forze turche in Bosnia lasciò spazio ai movimenti indipendentisti balcanici. Fu proclamato a Sarajevo il Principato di Bosnia, a cui seguì quello di Herzegovina. Nel frattempo, governi fantoccio vennero posti in Transilvania e Moldavia.
Dokhturov non incontrava resistenza e potè mandare due divisioni a prendere possesso della Vojvodina, dove di nuovo la popolazione locale si mostrò molto amichevole. L'assedio della guarnigione turca a Novi Sad durò un mese, prima della loro resa.
Qui si evidenziarono i problemi militari dell'Impero Ottomano: nonostante gli sforzi volti a migliorare il suo apparato bellico, la capacità di armare e addestrare i coscritti era minima: molti reggimenti arruolati in quei mesi furono costretti a ricorrere alle armi bianche.

A dicembre, la flotta russa attaccò il distaccamento ottomano a Sukhumi, distruggendo, e poi puntò verso il Bosforo. La battaglia che ne conseguì, con navi turche, granatine, egiziane e tripolitane riuscì a fermare l'attacco dal mare.

Ciò nonostante, la marcia russa non si arrestò: a fine dicembre il resto della Serbia si liberò dall'impero.
Dokhturov sembrava inarrestabile. Il sultano si decise a mandare i corpi migliori dell'esercito ad affrontare i Russi. Granada mandò tre divisioni provenienti dal Maghreb, più altri rinforzi vennero dalla Tripolitania e dall'Egitto. Le nuove truppe, inizialmente mandate in Grecia perché si temeva che il nazionalismo greco avrebbe di nuovo fatto scoppiare delle rivolte, si rivelarono inutili, perché i Russi invece di puntare a meridione, si diressero verso la Bulgaria, dove già da mesi gli agenti russi sobillavano i nazionalisti locali. Pur se nel pieno dell'inverno, la marcia fu travolgente anche in questo caso. Oltretutto, a febbraio altri 23000 uomini ridiscesero la costa del Mar Nero, assediando Constanta dopo aver travolto le truppe rimaste a difesa della regione.

Il 28 febbraio 1810, 40000 fra Russi e volontari serbi, bosniaci, bulgari, montenegrini ed altri incontrarono a Gelvere 74000 Ottomani, fra cui i corpi dei Sipahi e dei Giannizzeri al gran completo. In dieci ore di combattimenti fra la neve, l'esercito turco fu messo in rotta e l'élite dell'armata decimata dalla cavalleria russa, che in quell'occasione resse praticamente da sola l'onere della battaglia. L'esito fu disastroso per il generale Tahsim Hikmet, che dovette abbandonare l'intera Bulgaria, mentre Constanta veniva presa e la Valacchia si sollevava contro Istanbul.
L'assedio di Constanta

A questo punto, la capitale stessa era in pericolo e i rinforzi arabici furono imbarcati in fretta e furia per la Tracia. Fortunatamente, i principali indipendentisti greci non si fidarono delle promesse russe e rimandarono la rivoluzione.
Il comandante in capo, Ali as-Sahl, disponeva quindi di una forza abbastanza consistente tra soldati granadini, egiziani, libici, greci e albanesi, ma molto demoralizzata dalle sconfitte di quei mesi.
Ma neanche il generale russo aveva tutto facile, poiché pure per il suo esercito si facevano sentire la lontananza da casa e i lunghi mesi di campagna, anche se la presa della Valacchia permetteva di accorciare le linee di rifornimento. Tuttavia, sapeva che la campagna sarebbe stata inutile se non avesse almeno minacciato il Bosforo e così continuò a procedere a sud. As-Sahl si mise a difesa di Edirne e lì diede battaglia, il 7 aprile. In questo caso, la fanteria riuscì a respingere la cavalleria russa e, sebbene il cedimento degli ausiliari impose ad as-Sahl di abbandonare il campo, Dokhturov perdette un gran numero di soldati. Pose l'assedio a Edirne, ma due settimane dopo, al ritorno dei nemici, ripiegò.

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