mercoledì 27 giugno 2007

Muhammad XVII, le guerre oltremare, le esplorazioni II

Il sovrano in patria
La storiografia immediatamente successiva al re non gli riserva un grande spazio, nonostante un regno piuttosto lungo e due guerre lasciate in eredità. Chiamato "il re segretario" perché, a parte qualche importante scelta in politica estera, il suo fu un governo che oggi definiremmo squisitamente tecnico. Come dice Kargiylov:

Muhammad XVII, monarca di transizione tra il padre Faraj I e il figlio Ismail IV, non aveva la spregiudicatezza del primo né il carisma del secondo. S'imbarcò in due guerre che avrebbero portato a un nuovo assetto in Asia ma non riuscì a finirne nessuna. Rispetto al genitore, nella gestione dello stato o nei rapporti internazionali non cambiò nulla. Eppure fu un buon monarca: si può dire che faceva sempre la scelta giusta al momento giusto, né più né meno. Dirimette ogni controversia, contenne senza alcun problema le popolazioni vessate dalla tratta degli schiavi. Fu il primo a servirsi con successo del Consiglio. Era la persona giusta per il suo tempo, che preparava nuovi, grandi avvenimenti. Tuttavia, per la sua intera vita dovette subire le maldicenze, a causa del suo carattere pacato e della presunta ignavia.

Al proposito del Consiglio, Muhammad fece costruire il primo palazzo dedicato unicamente alle sue sedute, essendo il palazzo reale stretto per i suoi gusti. La nuova sede non fu costruita a Granada, ma a Siviglia, per marcare la distinzione fra il potere regale e quello dei nobili. Inoltre, unico altra costruzione degna di nota, nel 1698 fu completato il "Piccolo Generalife", il palazzo d'estate non più a Granada, ma Jaen.

Yusuf an-Nadir e Pietro della Fracchia
Fu tra il 1685 e il 1697 che questi due navigatori allargarono il mondo conosciuto. Brevemente:

Yusuf era originario di Socotra. A 15 anni s'imbarcò sulla nave del padre, mercante abbastanza ricco; sei anni dopo, ereditando la sua attività, chiese finanziamenti agli Iacossa, gli storici banchieri di Granada, perché voleva tracciare una mappa precisa delle isole del sud-est asiatico e battere gli Inglesi, che avevano basi in Australia meridionale, nello sfruttamento delle risorse. Ci riuscì, dando il primo prospetto totale della regione, ma la sua impresa non fruttò sufficientemente e fallì.

Pietro della Fracchia era invece un personaggio diverso. Genovese, ma di origini probabilmente garfagnane, era figlio di un umile sarto. Notando il particolare talento del ragazzo, il padre con molti sacrifici lo fece studiare alla facoltà di medicina, ma Pietro preferiva di gran lunga studiare le lingue. Ottenne l'appoggio di Agostino Spinola, che lo assunse come interprete per i suoi commerci. Arrivò all'attenzione del re nel 1690, quando fu licenziato da Spinola e venne assunto dal conte di Évora, che divenne poco dopo Ministro degli Interni. Muhammad, notando la sua abilità per le lingue (all'epoca sapeva il genovese, l'italiano, il latino, il catalano, il portoghese e l'arabo) gli propose di guidare una spedizione a cui aveva pensato da tempo: avrebbe dovuto viaggiare per l'America centrale e settentrionale, per offrire un resoconto esatto della maggior porzione di continente possibile.
Partendo dall'Impero Azteco a capo di cinquecento uomini tra scorta e studiosi e con molte peripezie, per i successivi sei anni viaggiò in lungo e in largo l'America, incontrando molte tribù e dando così molte nuove informazioni al mondo sull'interno del continente.
Al ritorno scrisse "De la gente nuova", trattato geografico su quanto appreso. Divenne in seguito l'ambasciatore di Granada a Mexico e vi morì.

La prima guerra dei Rajput
Sin dalla conquista nel tardo XV secolo, i reami Rajput, grazie alla loro ostinata resistenza a Delhi, avevano goduto in seno al sultanato di numerose autonomie. Ciò però non aveva spento il loro indipendentismo.
Attorno al 1500 molti piccoli signori guerrieri s'erano spostati nel Sindh, al seguito della conquista di Delhi e lì avevano soppiantato buona parte della casta dominante sociale, facendo quindi entrare a buon titolo il Sindh tra i regni Rajput.
Tra 1699 e 1703 Delhi si trovò in una grande crisi: il Madya Pradesh, colpito da una serie di carestie e dalla peste, era in subbuglio a causa dei pesanti tributi da pagare; in più il Mysore, dopo aver definitivamente eliminato l'ultima resistenza da parte del Vijayanagara, si preparava a invadere le regioni a maggioranza indù di Delhi, che non avrebbe potuto contare su molto appoggio da parte degli alleati.
Approfittando di ciò, diversi Raja fecero l'azzardo. Nel 1702 i regni di Sindh, Marwar (regno ora incentrato su Jodhpur e quindi più piccolo del predecessore), Ajmer e Udaipur si allearono e dichiararono l'indipendenza da Delhi. Il sultano chiese aiuto agli Ottomani, in nome dell'alleanza, ma questi erano troppo occupati a presidiare la Persia per dare un aiuto maggiore di qualche corpo di cavalleria mandato nel Madya Pradesh. Allora ci si rivolse a Granada.
Il Primo Ministro, Fernando Alfriz, propose al re questa mossa: Granada avrebbe comprato per i pochi territori granatini in Persia e una grossa quantità di cereali che lo Stato ogni anno comprava dal surplus dei contadini per avere scorte in caso di guerra o carestia, il diritto di conquistare senza interventi dei precedenti dominatori i regni ribelli. La proposta fu accettata sia dal re sia dal Consiglio. Granada infatti bramava il cotone e il té di quelle terre, all'epoca considerati molto pregiati (il té in particolare stava ascendendo a una grande popolarità presso l'aristocrazia). Con poche scelte, il sultano dovette accettare la proposta.

Fu decisa una composizione del corpo molto simile a quella che aveva invaso il Gujarat, con in più un contingente gujarati; il comando fu affidato a Braba (il quale morì prima che gli arrivasse la nomina), quindi all'anziano ed esperto Shivaji Bhonsle, che era stato il comandante della sua divisione nella precedente guerra.
Muhammad decise però di partecipare personalmente all'invasione, unendosi alla cavalleria maghrebina con 100 guardie scelte. Ancora oggi è oscuro il motivo di quella scelta: forse era per le accuse che incominciavano a girare nella corte di pigrizia, fatto sta che il re diede la reggenza al figlio Ismail e partì per l'India. In questa impresa però non volle assumere il comando, ma si aggregò semplicemente come "consigliere" di Shivaji.

Infine nel 1703 l'armata, sui 16000 soldati, partì dal Gujarat per invadere il Sindh, l'unico regno che confinante.
Dopo il primo successo a Khorewah contro le avanguardie, l'esercito passò l'Indo e sconfisse con facilità i nemici al Lago Karli, poiché i contrasti tra signori rajput e i Sindhi erano ancora molto grandi. Uno di loro addirittura si unì a Muhammad. Sconfitta un'armata più o meno pari di numero con perdite nell'ordine delle centinaia, i granatini risalirono il fiume e lo attraversarono di nuovo, per assediare la capitale appena fondata di Neroon Kot, che fu presa a metà del 1704, dopo un assedio di 10 mesi. Il raja era intanto fuggito a Sukkur e, raccolti i suoi comandanti più fidati, aveva atteso l'arrivo degli alleati di Marwar. Fino ad allora la campagna nel Sindh era sembrata una passeggiata.

Pabuji Shekha, il raja di Marwar, arrivò con diecimila soldati, unendosi ad altrettanti del Sindh, nel 1705.
L'armata così composta marciò verso sud, scendendo verso l'Indo e il Marathi lasciò Neroon Kot e gli andò incontro, lasciando una buona guarnigione nella città. A marce forzate Shivaji raggiunse un'ansa sulla sponda sinistra del fiume, vicino il villaggio di Abad , in cui si posizionò coprendosi i fianchi con lo stesso fiume. Inoltre preparò un ponte di barche immediatamente dietro lo schieramento per ritirarsi in caso di necessità, premurandosi di far tagliare gli altri a nord e a sud.
Due giorni dopo il completamento delle opere di difesa, due volte tanto gli uomini di Granda si presentarono i soldati dei raja.
Lo scambio di artiglieria durò quasi un'ora. Infine, non potendo passare in altri posti l'Indo e senza alternative per smuovere i nemici, Pabuji si vide costretto a ordinare la carica alle fortificazioni. Shivaji aveva visto giusto: la posizione scelta annullava la disparità numerica, tuttavia l'artiglieria al centro aveva indebolito gli uomini, permettendo lo sfondamento.
A quel pericolo, Muhammad, il re che non aveva mai combattuto personalmente, chiamò a raccolta la cavalleria e caricò.
La massa di cavalieri respinse gli uomini che si erano incuneati e come un ago penetrò tra gli altri, rimanendo però isolata. Bhonsle, vedendo che i suoi uomini stavano cercando di tornare indietro, potè solo far sparare i cannoni, che fecero allentare la presa dei Rajput. I cavalieri rientrarono nei ranghi, ma in quel momento si accorsero che il re mancava. Il re era caduto. Il suo corpo non fu mai trovato.
Dopo altre ore di combattimento, Pabuji vedeva i nemici arretrare sempre di più, ma i suoi soldati non riuscirono a inseguirli con successo, stancati a morte. Quando riuscì a riorganizzarli per inseguire la retroguardia, che si stava avviando al ponte, dopo che il grosso dei superstiti era già in salvo: l'artiglieria granatina, sulla sponda opposta, lo evitò, obbligando gli inseguitori a fermarsi. Il generale fece bruciare il ponte.
Abad fu una grossa batosta per l'invasione: si salvarono solo 6597 uomini, dal conteggio che fu fatto immediatamente dopo. E peggio ancora, il re rimase sul campo.
Neanche i difensori poterono gioire più di tanto: avevano sì annichilito l'esercito invasore, ma avevano perso molti uomini nell'assalto e anche loro avevano bisogno di riposarsi, riposo che permise ai fuggitivi di tornare a Neroon Kot.
Questa era una situazione d'emergenza e così Ismail dovette iniziare il suo regno ufficiale.
Le guerre dei Rajput. Segnati i confini dei regni e le date di annessione

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