mercoledì 27 giugno 2007

Ismail IV, toppe a un indumento logoro

La guerra di Giava II
Nel 1701, quando ancora non si presagiva nulla in India, a sud est avvenne il primo evento veramente importante della Guerra di Giava: nella notte del 3 giugno 23 navi da guerra granatine incrociarono 16 galeoni olandesi a est di Madura e nella battaglia che ne conseguì cinque navi della VOC furono catturate, a fronte di una affondata dall'altra parte. Questa vittoria permise a Sazaz di attuare un colpo di mano.
Una settimana dopo le sue navi forzarono il porto di Surabaya, la capitale estiva di Mataram, con i colori olandesi. Evitate le batterie costiere, Saraz inizio l'attacco, sbarcando e prendendo di sorpresa il sultano nel suo palazzo, bombardato. Con questa audace azione, fu catturato e lo stesso giorno, senza essere riuscito a opporre una resistenza efficace, dovette acconsentire a lasciare a Granada tutta la porzione occidentale del suo dominio tranne Batavia, compresa la stessa regione di Mataram e fu obbligato a insediarsi a Surabaya. Questa umiliazione portò a gravissimi dissidi negli anni a seguire frai due regni. Ad ogni modo, fino al 1720 circa de facto il Mataram continuò a governare su quelle terre, non arrivando nessun esercito da Granada a stabilire quel passaggio di poteri.


La controffensiva in Sindh
Le cose in Sindh, dopo la sconfitta, si assestarono per un attimo: il generale e il raja si accordarono per una tregua di un anno, uno perché non aveva forze per attaccare, l'altro perché erano sorti problemi in Sindh con i vecchi nobili e nel Marwar con il fratello del raja.
A Granada il nuovo re, Ismail IV era furioso per tale batosta e per la morte del padre. Alla notizia pensò di far destituire con disonore il vecchio Marathi, ma lo convinsero che umiliare una persona così importante presso il suo popolo, che si era sempre schierato dalla parte del regno, sarebbe stato folle. Accettò dunque la proposta di dargli ancora tempo e più soldati.
Per questo dovette ricorrere ai soldati iberici: era poco consigliabile drenare altri giovani dall'India.
Furono così istituiti i Corpi Riscattati, ossia un'insieme di ex-detenuti a cui era stata data la possibilità di arruolarsi e di ottenere una dimora nelle nuove terre conquistate. Tra penisola iberica e Francia furono raccolti 4200 carcerati desiderosi di entrare nell'esercito.
Questi 4200 avrebbero ricevuto un addestramento assai migliore delle solite leve granatine, poi sarebbero stati mandati fino al Sinai, dove navi turche e indiane li avrebbero portati in India giusto in tempo per la fine del monsone. All'ultimo momento furono informati che era stato conferito ai loro superiori il diritto di vita e di morte.
Al loro arrivo, entrambi i contendenti si erano ripresi e rafforzati. Ajmer e Udaipur non erano ancora riusciti (o meglio, non avevano trovato la voglia) di mandare il loro contributo, ma i due re erano abbastanza sicuri delle loro forze. Inoltre, potevano anche contare su diverse tribù baluci del Sindh, che ci avevano guadagnato dal regime rajput.
Anche Shivaji era in una posizione migliore, avendo ottenuto l'appoggio di alcuni signori del Sindh e poi il nuovo reparto.

Nel 1706 ripresero le ostilità, quando dei cavalieri baluci s'introdussero nel territorio occupato e bloccarono due chiatte sull'Indo destinate all'armata di Granada, ma i re non marciarono fino ai primi di maggio.
Iniziare una marcia nel periodo più caldo era considerata una pazzia, con temperature che sfioravano i 40 °C, ma i due raja si mossero di notte e, seppur lentamente, si avvicinarono a Shivaji.
Marciavano in due colonne, a ovest, costeggiando l'Indo, i guerrieri del Marwar, per un totale di 35000 persone, a est il nuovo raja del Sindh, Raja Thakur, che era succeduto al padre pochi mesi prima e che nutriva una forte competitività con l'alleato. I suoi 17000 uomini marciavano
Venuto a sapere questo tallone d'Achille, il generale marathi pensò di poter divere gli eserciti. Mandò i Corpi Riscattati nel forte di Allahyar Jo Tando, di argilla e fango, ma ben rifornito e fece spargere la voce tra le truppe di Thakur che il contingente in quel forte era molto più grande della realtà, una riserva che avrebbe dovuto attaccarlo una volta che si sarebbe riunito con l'alleato per l'attacco, così, senza avvertire Pabuji, si diresse verso il forte. Il condottiero avversario, appena fu sicuro che la trappola aveva funzionato, andò incontro ai 35000 che lo aspettavano con un esercito di circa la metà, muovendosi di notte.

Pronti allo scontro ed entrambi desiderosi di finire quello che avevano iniziato, all'alba del 7 maggio 1706 i generali arrivarono uno nel villaggio Matiari, l'altro a sud e si accamparono per lo scontro, che sarebbe iniziato al tramonto. Pabuji aveva capito solo da pochi giorni che Thakur si era allontanato, dato che anche i contatti avvenivano solo di notte, e che non avrebbe potuto partecipare alla battaglia, ma non si preoccupava: la sproporzione numerica e soldati più abituati al movimento notturno gli avrebbero dato la vittoria.
Le cose non andarono così. A mezzogiorno, quando buona parte dei Rajput era dispersa negli accampamenti a mangiare e lo stato maggiore si trovava nel villaggio -abbandonato al loro arrivo-, Shivaji fece mettere in posizione l'artiglieria a lungo raggio del Gujarat e bombardò l'abitato.
La sorpresa per tutti i bombardati, pigramente intenti a sopportare la canicola, fu enorme. Il generale di Granada nei giorni precedenti aveva chiesto un sacrificio ai suoi ed era quello. Prima ancora che le i reparti più lontani dal bombardamento capissero cosa stava succedendo, 1320 fanti marathi, senza alcuna protezione, entrarono in Matiari e con estrema ferocia eliminarono ogni resistenza fra le case e prendendo anche Shekha, ferito dai cannoni.
Nel frattempo anche gli soldati di Shivaji avevano attaccato nel caldo; la cavalleria disperdeva facilmente chi tentava di opporre una difesa nonostante la fatica dei cavalli e la fanteria aveva ragione degli agglomerati di tende. Era stata utilizzata la stessa tattica che aveva permesso il successo nella guerra del Gujarat, ma in questo caso non si trattò di una vittoria schiacciante. Il luogotenente del re raccolse i più di 20000 soldati che non erano stati fatti prigionieri o uccisi e li ricondusse a nord in buon ordine.

La fine della guerra
Due giorni dopo Thakur ricevette il messaggio dallo stesso alleato che gli diceva di deporre le armi e accettare la pace, quando oramai solo 500 difensori rimanevano nel forte. Rifiutò, ma levò l'assedio e si ritirò in cerca dei superstiti.
Tutte le mosse furono poi rimandate alla bella stagione.
Nel Gujarat, la popolazione di Bhuj massacrò la piccola guarnigione turca dopo una rissa in cui diversi abitanti erano stati uccisi, facendo scoppiare diversi disordini nella zona. Così le truppe del Gujarat furono mandate per convincere la gente a calmarsi ed evitare altri spargimenti di sangue e così fu.
Nel 1707, allora, ci si preparava a nuova battaglia. Shivaji ricevette altri 5000 uomini dalla Francia, dall'Italia e dalla Catalogna e fece un proclama accettato dal governatore Eduazdo Braba: i nobili del Sindh che avessero lasciato i Rajput e si fossero sottomessi a Granada, avrebbero avuto i loro privilegi, in maniera simile a quella del Gujarat, ma in compenso non avrebbero avuto limiti all'estensione dei loro territori.
Quando i comandanti dell'armata del Sindh presero contatto e si assicurano della veridicità dell'affermazione, abbandonarono Thakur e si proclamarono servitori di Ismail IV.
Lasciato solo ma intoccato, il raja fuggì assieme ai suoi uomini presso l'alleato, il cui comandante però in quel momento voleva raggiungere la patria. Quest'idea non era neanche presa in considerazione da Thakur, che voleva il suo trono e dai subordinati del secondo di Shekha, per cui ritirarsi senza combattere sarebbe stato disonorevole. Nonostante ciò, quando pure dei Sindhi dal cosiddetto "piccolo Sindh", attorno a Karachi, si armarono e partirono come volontari per Granada, si concluse che era preferibile ritirarsi, almeno per quella stagione. Ma furono battuti in velocità: quando le spie avvertirono che si sarebbero diretti verso il Marwar passando per Umerkot, le forze congiunte li batterono in velocità con marce forzate e giunsero nella città prima dei nemici. Il re prigioniero, tra l'altro, era stato preso con loro.
Il 4 febbraio 1707, le avanguardie di Marwar non credevano ai loro occhi: davanti a loro gli avversari, nonostante la velocità che avevano tenuto. Il forte di Umerkot, che avrebbe dovuto essere quasi sgombro, era il perno di 20000 nemici.
Dopo le prime schermaglie, anche i fieri Rajput si rassegnarono: morire per aver difeso quella terra ostile non valeva la pena. Alla vista dei suoi uomini che parlamentavano, Shakha capì che doveva assecondarli e così accettò la richiesta di Bhonsle: il Sindh dei raja sarebbe diventato dominio granatino secondo i termini stabiliti in precedenza; Shakha invece sarebbe rimasto re di Marwar sotto l'amministrazione nuova, rango pari a quello del governatore indiano. L'esercito che doveva tornare a casa fu lasciato andare, così come i prigionieri.
Gli altri due regni, senza aver fatto nulla, chiesero la pace, che fu concessa. La guerra era finita, con una grande vittoria di Granada. Shivaji, rimanendo con l'armata tra Sindh e Marwar per stabilizzare la situazione, invitò Ismail IV a recarsi lì, per poter celebrare in loco e visitare i nuovi territori; il re accettò subito.
Ma l'età del vecchio Shivaji Bhonsle era avanzatissima; mentalmente era come se avesse trent'anni, il corpo aveva risentito di quei mesi in campagna. Lo stesso giorno dell'arrivo del re nel Gujarat, il generale e capo Marathi morì dopo qualche giorno di agonia. Il sovrano presenziò al funerale, rendendogli omaggio come un proprio pari.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

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Anonimo ha detto...

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