mercoledì 27 giugno 2007

1650-1680: le guerre

L'ultimo trentennio di Faraj I fu caratterizzato da altre due guerre: quella per la successione estense e la seconda guerra del Gujarat.

La guerra di successione
Nel 1658 morì Francesco I d'Este, difendendo con successo Ferrara dai pontifici. Al trono quindi salì Alfonso IV, che per continuare la difesa del ducato dallo Stato Pontificio e da Napoli si rivolse a Costantinopoli, non riuscendo a convincere Venezia, l'Impero o la Francia, colpiti da una grande epidemia di colera.
Alessandro VII cambiò obiettivi: rinunciò al controllo diretto del ducato, ma sostenne un parente di Francesco, Carlo Filippo, in cambio della sua fedeltà.
All'inizio l'Impero Ottomano inviò solo dei fondi al duca. Nonostante il copioso flusso monetario, Alfonso non riuscì a racimolare un grande esercito. Nel 1662 i soldati estensi incontrarono quelli papalini a Faenza. La battaglia all'inizio sembrò favorevole ai difensori, ma quando una palla di cannone colpì in pieno il duca, l'esercito si sfaldò. Carlo Filippo potè facilmente prendere possesso del regno.
A questo punto intervenne Costantinopoli: perso un alleato, chiese al re di Napoli la destituzione del nuovo duca. Non volendo rischiare una nuova guerra, re Carlo chiese al papa di farlo, pressato anche dalle insistenze di Granada. Alessandro non volle accettare, ma ai due sovrani fu concesso di poter rimanere neutrali e abbandonare l'estense alla mercè turca. Questi però aveva già fiutato cosa stava succedendo e così chiese aiuto al sacro romano imperatore, che gli inviò un contingente bavarese.
Nel 1663 allora un'armata granatina entrò dalla Toscana nel ducato, battendo i Bavaresi a Modena e prendendola, mentre i Turchi sbarcarono a Ravenna e batterono Carlo Filippo a Comacchio, che fuggì in esilio.
Velocemente il SRI fu estromesso senza ulteriore spargimento di sangue e il figlio di Alfonso, Francesco II, fu installato sul trono e divenne un subordinato dell'Impero Ottomano. Granada si tenne Modena come indennizzo.
Carlo Filippo d'Este

Il conflitto nel Gujarat
Nel 1667 Muhammad Shah VI di Gujarat, preoccupato per lo strapotere dei mercanti di Granada nel suo regno, tentò di limitarne i privilegi economici concessi dopo la prima guerra del Gujarat.
Riportò quindi allo stardard i vari dazi e tolse a quei mercanti diversi servizi pagati dallo stato.
Subito le compagnie commerciali si lamentarono con il governatore indiano, che per convincere il sultano ad abbandonare l'idea mandò la flotta di Cuddalore all'isola di Diu, utilizzata come porto per i mercanti.
Il sultano arrivò subito e, per nulla impressionato, senza neanche ricevere l'ammiraglio Flodeo e diede il permesso al forte sull'isola di sparare alle navi. I cannoni fecero poco, ma il forte vento obbligò la flotta ad andarsene.
Tale atto coincise con l'arrivo anticipato del monsone, che impedì ogni altra azione per quell'anno. Il messaggio di quell'atto ostile tuttavia raggiunse Granada, assieme all'ultimatum di Muhammad: o il re avrebbe accettato le nuove condizioni o i mercanti sarebbero stati espulsi definitivamente; egli non temeva l'alleanza, avendo avuto tempo per preparare il sultanato alla guerra con una serie di forti di frontiera e un esercito ben addestrato. Anche se non avesse avuto una vittoria, avrebbe impegnato i nemici per molto tempo.
Dal canto suo, Faraj non poteva permettersi di perdere definitivamente il Gujarat, poiché era il principale centro commerciale dell'India settentrionale e buona parte dei beni di lusso dal Mysore al Tibet potevano essere comprate a basso prezzo e immesse nel mercato di Granada.
Faraj era indeciso sul da farsi, poiché non gli piaceva l'idea di dichiarare guerra a un sovrano islamico.
Non riuscendo a decidersi, indisse la seduta consultiva del Consiglio Generale.
Quella fu una delle poche volte in cui la maggior parte dei nobili si riunì, giungendo sin da Sumbawa. Molti avevano interesse ai privilegi mercantili, essendo i principali clienti o soci delle compagnie e il Gujarat non le avrebbe ripristinate senza una sconfitta; altri erano favorevoli alla guerra sperando di potervi partecipare direttamente. Il Consiglio quindi facilmente raggiunse la deliberazione per l'entrata in guerra e Faraj si adeguò alla decisione.
Nel 1668 scoppiò quindi la guerra. Il re era restio a impelagarsi in India e sperava ancora in una soluzione diplomatica, così chiese agli alleati solo l'embargo al sultanato.
In inverno l'ammiraglio Flodeo intercettò una flotta del Gujarat presso le Laccadive, in viaggio per offrire l'alleanza con una dimostrazione di forza al re delle Maldive e possibilmente al sultano di Sri Lanka.
Preso di sorpresa perché pensava che le navi granatine fossero ancora alla fonda per le riparazioni annuali, Sunil Mafhor Bhai dovette affrontare i nemici mentre la sua squadra si stava rifornendo.
Nonostante il numero maggiore di navi, Flodeo ne prese più della metà soprendendole a Kavaratti; l'ammiraglio del Gujarat tentò d'intrappolare i nemici nascondendo metà flotta ad Agatti e spuntando mentre gli equipaggi combattevano, ma la potenza di fuoco delle navi granatine era maggiore e fu costretto a fuggire con le navi che avevano resistito, poco più della metà.
Con questa vittoria, dovuta a una manovra azzardata del sultano, la flotta fu in grado di anteporre alle centinaia di navi di piccola stazza rimaste e tre con più di 20 cannoni una decina di galeoni e sessantaquattro imbarcazioni piccole. Con questa forza, i piccoli vascelli indiani poterono quasi bloccare i traffici marittimi del Gujarat senza trovare vera resistenza.
In inverno finalmente giunsero in India i soldati somali e la cavalleria maghrebina per unirsi alle truppe locali.
Da Mumbai allora partirono circa 2000 Somali e altrettanti cavalieri, 11000 Tamil e 6000 Marathi, che sbarcarono in una zona imprecisata della penisola del Kathiawar, sotto il comando di Estêvão Braba.
L'armata, dopo una settimana impiegata a riorganizzarsi e scaricare le salmerie, si diresse verso Palitana, la città santa del giainismo, che difficilmente avrebbe opposto resistenza.
Muhammad Shah non voleva assolutamente che gli invasori s'impadronissero di una qualsiasi città importante prima di dar battaglia, così riuscì a giungere prima di loro alla città e fortificarsi in attesa, con un esercito più o meno di pari dimensioni, quanto era riuscito a portare lì in tempo.

La battaglia si svolse a sud di Palitana.
Braba divise la fanteria in tre parti e tenne in un'unica lunga linea la cavalleria dietro. Muhammad invece dispose la fanteria in un solo corpo di numerose file e tutta la cavalleria fu messa sulla destra. Poco prima della battaglia altri 3000 cavalieri del Gujarat arrivarono, che si misero dietro al primo raggruppamento di cavalleria. Entrambi gli schieramenti schieravano le artiglierie l'una di fronte all'altra.
La battaglia iniziò nel tardo pomeriggio: il generale portoghese doveva attaccare il prima possibile prima che si aggiungessero altri contingenti; i cannoni iniziarono a confrontarsi, ma quelli del Gujarat avevano una gittata maggiore ed erano al riparo, così gli artiglieri marathi dovettero ritirarsi.
Seguì la carica generale della cavalleria del Gujarat, che investì i Somali; immediatamente dopo quella della cavalleria del Maghreb. Tuttavia quest'ultima fu ostacolata dai quadrati dei Somali, che obbligarono a rompere la linea. Ciò permise ai nemici di avere la meglio, decimando la fanteria e mandando in rotta la cavalleria. Il cedimento del fianco sinistro fu evitato dai Marathi, che abbandonarono il centro e obbligarono i cavalieri a ritarsi.
Nel frattempo, notando tale manovra, Muhammad Shah ordinò l'attacco della fanteria e l'artiglieria cessò il bombardamento. I Tamil quindi si mossero per contrastarli, decisamente inferiori di numero e martoriati dai cannoni. Improvvisamente, però, dalla polvere uscirono i Marathi, che avevano vinto lo scontro e di corsa erano arrivati; attaccati sul fianco ed impauriti, i soldati del sultano vacillarono e iniziarono a fuggire. Tale fuga rischiò di tramutarsi in disastro con l'arrivo da dietro di un reparto di cavalleria granatina ritornato in battaglia, ma quella del Gujarat riprese la posizione e li ricacciò indietro, aprendo la via di fuga. Vedendo che non c'era speranza di richiamare tutti, Muhammad ordinò ai suoi comandanti di disingaggiarsi sfruttando il buio che aumentava.
Lo scontro durò solo tre ore, ma i morti furono in totale tre migliaia. L'esercito difensore fu costretto ad abbandonare la città, malmesso nel morale ma non troppo negli effettivi.
Due settimane dopo, ripresasi, l'armata granatina tornava in marcia, dirigendosi verso Gariadhar. Nuovamente trovarono la strada bloccata. Dopo alcune schermaglie, i due opponenti si accamparono per la notte, per dar battaglia il giorno dopo. Nella notte i due generali decisero di mandare delle pattuglie appiedate per puzecchiare gli uomini accampati. Incontratesi, incominciarono delle zuffe, i cui rumori misero in allarme tutti. E a questo punto il comandante della cavalleria, Faruq abu Yahya, famoso per la sua spregiudicatezza, fece montare in sella i suoi uomini che aveva già fatto tener pronti e li guidò in una carica sotto la luna piena verso l'accampamento nemico, in stato di agitazione. Resosi conto di quanto accadeva, Braba dovette ordinare al resto dell'esercito di seguire lo sconsiderato abu Yahya (che, tra l'altro, morì di colera poco tempo dopo).
La cavalleria riuscì comunque nel suo intento, facendosi strada tra i soldati spaventati e giungendo sino alle tende dello stato maggiore, catturandolo completamente. Nel mentre i drappelli di cavalieri galoppavano per impedire agli avversari di riorganizzarsi; con incredibile velocità sopraggiunsero anche i fanti indiani, molti praticamente seminudi. L'arrivo di altri soldati fece cedere definitivamente il morale degli altri, che a tutto erano preparati meno a un attacco notturno. La grande armata, una volta e mezza quella di Braba, si sciolse. Muhammad Shah, prigioniero, capitolò. Il Gujarat sarebbe diventato un possedimento di Granada; i sultani avrebbero mantenuto qualche autonomia, ma ben poche rispetto ai governatori provinciali e sarebbero stati affiancati da Estêvão Braba e dai suoi discendenti. Inoltre sarebbero stati costruiti molti presidi nelle città più importanti della regione. Questo dominio tuttavia per molto tempo dovette essere rafforzato dalle milizie ottomane.



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