sabato 6 gennaio 2007

Yusuf VII e la guerra fra Othman e Faraj

I tre anni che avrebbero portato Othman a essere sedicenne videro alcuni cambiamenti nella geografia europea.
Nello stesso anno della morte di Muhammad, il sultano mosse guerra al khan di Bashkiria, conquistando velocemente una vasta area a mezzaluna che andava da a nord di Azov ad Astrakhan.
Più importante è l'altro evento, la nascita delle Province Unite. Nel 1625 l'imperatore Lothar emanò un editto che esentava i sudditi luterani dei Paesi Bassi da alcune tasse, che andavano a gravare quindi sui calvinisti; ai nobili inoltre era tolta la rappresentanza nelle diete imperiali. Questa mossa non piacque alla nobiltà frisona e di Groningen, che sotto la guida della casa Orange iniziò la rivolta contro l'impero. Questa sollevazione preoccupò non poco le tre potenze vicine: infatti nel 1626 l'esercito di Willem I liberò l'Olanda e prese Amsterdam, l'ultima città inglese sul continente. 50.000 uomini furono dati al duca di Sassonia affinché eliminasse i rivoltosi e altri 13.000 furono mandati dalla Francia. Altri contingenti furono mandati da alcune nazioni all'esercito tedesco, tra cui 600 cavalieri guidati dal figlio di Yusuf, Faraj.
Dopo che la flotta anglo-tedesca fu sconfitta nella baia di Helgoland, l'Inghilterra si ritirò dallo scontro. Per affrontare l'armata imperiale, parte dell'esiguo esercito si ritirò a Leeuwarden, mentre il restante andò a sud per incontrare i Francesi, che furono sconfitti a Leuven; tuttavia non si riuscì a recuperare il Brabante dalle loro mani e Guglielmo dovette venire a un accordo.
La defezione del contingente mercenario russo riuscì a prolungare l'assedio di Leeuwarden, che alla fine fu interrotto perché inutile. La guerra si protrasse fino al 1632, quando i due antagonisti vennero a un accordo: le Province Unite sarebbero state indipendenti e avrebbero avuto completa autonomia tranne che per la politica estera, per cui avrebbero dovuto basarsi sull'imperatore. Tale accordo venne poi cancellato nel 1670, sostituito da un formale tributo annuale.
L'esautorazione
Nel frattempo, il giovane Othman passava gran parte a essere educato in Africa, sotto la tutela del fratellastro Umar, un ex schiavo che era stato liberato da Muhammad e adottato. Ottenne di poter far trascorrere la maggior parte del tempo dell'erede in Africa perché voleva consolidare definitivamente il favore regale a sud del Sahara, obiettivo più facile con un principe del posto (tranne che per qualche tribù particolarmente ostile ai Malinké). Inoltre non si fidava di Yusuf e ne ebbe ragione.
Il reggente era pressato dalla nobiltà arabo-berbera e catalana, che non erano disposte a sottomettersi a un re meticcio, a cui Yusuf aveva lasciato
passare troppo tempo lontano da Granada. Inoltre si mormorava di pericolosi contatti con l'Oba.
Poche settimane prima del compleanno di Othman e quindi del conseguente passaggio di poteri, una delegazione di nobili guidata dallo sceicco di Posadas si recò a corte: presentarono una dichiarazione firmata da numerosi altri nobili che chiedeva di escludere Othman dalla successione; uno dei firmatari era bin Jelloun, il capitano della Guardia.
Per "legalizzare" il gesto Yusuf istituì il Consiglio Generale, organo consultivo di cui facevano parte tutti i nobili "stipendiati e possidenti", ovverossia i nobili arabi, iberici, italiani e francesi, che erano quelli che a costo di grosse perdite di terre, ricevevano un piccolo stipendio statale integrato con i loro possedimenti per amministrare il territorio; pertanto rimasero fuori alcuni Francesi e Italiani e la maggior parte dei nativi delle colonie. Il Consiglio, formato nella prima seduta da solo il 10% degli aventi il diritto, con Yusuf emanò l'editto che negava il trono al ragazzo per "assenza e negligenza" nella Sala dei Mostri da poco costruita. Lo staff della madrasa di palazzo lo convalidò giuridicamente. Othman fu quindi richiamato da Bambuk per prendere atto del cambiamento.
Othman si stava preparando alla partenza quando gli arrivò la notizia. Alla sua resistenza, il governatore ordinò di arrestarlo, ma riuscì a fuggire col seguito e giunse a fine 1629 alla corte del Benin.
L'oba accettò di buon grado il nuovo ospite, che gli chiedeva aiuto per riguadagnare il diritto al trono. In poco tempo Umar giunse all'accordo per il fratello con il re: assieme ai Mande e ai Wolof, con cui era rimasto in rapporti dopo la fuga e a cui era stato promesso aiuto per la creazione di loro imperi, Othman avrebbe tentato la rivolta spalleggiato dal Benin in cambio di alcune città costiere. Ma per prima cosa i due fratellastri sarebbero dovuti recarsi a Granada con un corpo scelto, per assicurarsi il controllo della città appoggiandosi ai militari lealisti.

La guerra civile
A inizio del 1630 (17 Jumada al-awal) 5000 soldati del Benin entrarono in territorio granatino e gli alleati si armarono per colpire i nemici. Cacciati facilmente i presidi militari nelle loro terre, le varie forze si prepararono all'attacco alle principali città e alle coste. Quasi immediatamente anche i Mossi si unirono alla rivolta.
Il 18 Othman, Umar e un centinaio di uomini s'imbarcarono su due navi verso la Spagna. Eludendo le pattuglie di Gibilterra, il manipolo sbarcò indisturbato e a piccoli gruppi entrò la capitale.
Al momento la città era sguarnita: la minaccia a sud era molto forte e dato che la leva non avrebbe potuto rinforzare abbastanza velocemente le zone in pericolo, Yusuf aveva mandato quattro dei cinque reggimenti della Guardia a unirsi all'ex Guardia Askia e formare una prima linea di difesa.
Arrivati in città, i sostenitori di Othman si misero in contatto con ar-Raqib, il comandante della Guardia Civile, corpo urbano di vigilanza, che si adoperò per contrastare la probabile reazione della Guardia. Non fu possibile reperire il custode del palazzo.
Velocemente, il gruppo salì quindi all'Alhambra, irrompendo negli appartamenti, catturando Yusuf, Faraj e tutta la corte. Quello era il giorno in cui la maggior parte delle guardie di palazzo era in licenza. Tutto andava secondo i piani di Umar, con pure meno uomini da cui difendersi.
Preso in ostaggio, Yusuf fu obbligato a indire una seduta straordinaria del Consiglio per rivedere completamente la sua risoluzione. L'incontro fu fissato per la settimana dopo, tempo troppo breve per richiamare anche solo un reggimento di leva.
Il giorno successivo, ancora senza una reazione da parte dei lealisti, arrivò il capitano Zalat, che comandava la sezione della Guardia di palazzo, mettendosi a disposizione di Othman e facendo liberare i suoi uomini catturati. Nel pomeriggio ar-Raqib avvertì di non potersi opporre al quinto reggimento di al-Abbas, ritirando in suo supporto. I mille uomini in cremisi cinsero il palazzo, chiedendo di parlamentare ma senza esito. La mattina seguente un gruppo di loro s'inerpicò fino a raggiungere un passaggio ricavato nel muro a ridosso dell'harim, aprendo una porta secondaria. Il reggimento si riversò all'interno, confrontandosi con un quinto delle loro forze.
Qui il piano iniziò a mostrare qualche falla. Umar aveva predisposto dei passaggi obbligati che avrebbero permesso una facile difesa, ma nessuna di queste barricate era rivolta verso la nuova direzione degli attaccanti.
In procinto di essere circondate, le guardie meno convinte si arresero mentre il resto degli occupanti si ritirava dal palazzo. Tentarono di raggiungere la qasba, ma la trovarono già occupata e allora si ritirarono tra la decima e la dodicesima torre.
Mentre cercavano un passaggio, Yusuf riuscì a liberarsi e fuggire, venendo però colpito da un archibugio. Presto i soldati arrivarono e con dei barili di polvere irruppero nelle strutture. Sebbene impacciati dagli spazi angusti, gli uomini della Guardia ebbero ragione degli opppositori, senza dare quartiere. Una decina di uomini con Othman furono fatti calare dalle mura e fuggirono nel parco, ma furono ripresi e massacrati.
Dopo quegli eventi, il venticinquenne Faraj celebrò il funerale di Yusuf e mantenne la data del Consiglio: in quell'occasione, di fronte a centoventi nobili, salì al trono e dichiarò una jihad contro il Benin e i suoi alleati, chiedendo aiuto a Istanbul.

Reazione
Seguì l'esercito verso sud, sbarcando alla foce del Gambia e prendendone personalmente il comando, dopo che avevano sconfitto i Wolof e ridotti a uno stato di guerriglia.
Circa 30000 uomini dal Benin (che ne aveva mandati altri), Mossi, Mande e alcune bande di Fula avevano preso d'assedio Kumasi, città Ashanti rimasta fedele a Granada. Faraj poteva disporre di solo 7000 uomini più le milizie. Mentre si muoveva per provare a sconfiggere quella grande massa, gli fu annunciato che tutto il contingente del Benin si stava ritirando: Muhammad XVI di Bornu aveva approfittato della situazione per attaccare nuovamente da est e servivano rinforzi; il re così si potè confrontare contro un esercito di poco maggiore. Arrivò e grazie all'utilizzo dei corpi d'élite sconfisse gli avversari. Prima però di metterli in fuga, offrì di parlamentare ai re, invitandoli in città. Il colloquio portò all'amnistia per le popolazioni sconfitte e il ritiro dalla guerra.
Due mesi dopo l'esercito incontrò le poche guarnigioni del Benin, che era da poco riuscito a liberarsi del Bornu con un tributo. Vedendo che ci si aspettava un altro massacro, l'oba accettò l'offerta di Faraj di ulteriori perdite territoriali, senza modi per difenderle. Il confine fu portato al fiume Niger e l'impero venne dimezzato.


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